Nessun posto adeguato alla situazione all’ospedale di Perugia, per questo mercoledì è avvenuto il trasferimento in quello di Terni di un paziente di 84 anni di Città di Castello. L’uomo, positivo al Covid-19, aveva riportato la frattura del femore ed aveva un quadro clinico particolarmente complesso. Tanto che l’ospedale di Città di Castello ne ha chiesto il trasferimento in un ospedale Dea di secondo livello.
A fare chiarezza sulla vicenda, che ha sollevato le critiche in particolar modo del consigliere regionale del Pd Fabio Paparelli, è direttamente l’azienda sanitaria di Terni. Che smentisce anche l’ex vicepresidente della Regione in merito al presunto stop di altre attività chirurgiche.
“L’accoglienza e la gestione del paziente non ha in alcun modo inficiato la normale attività chirurgica e assistenziale dell’ospedale di Terni” specifica l’azienda ospedaliera.
I dati della chirurgia all’ospedale di Terni
Dall’ospedale viene spiegato poi che “nell’ambito del progressivo ripristino delle attività ordinarie, nel rispetto delle misure di sicurezza ancora previste in questa fase dell’epidemia, il 10 giugno sono state regolarmente effettuate circa sessanta procedure chirurgiche e che, più in generale, la programmazione chirurgica dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni per il mese di giugno è all’80% circa del dato storico in termini di sedute operatorie assegnate.
Si ribadisce in ogni caso che per la gravità e la complessità del quadro clinico della paziente (che appunto era anche positivo al Covid-19, ndr), il caso richiedeva una consulenza di alta specialità che rientra nella missione di una azienda ospedaliera di secondo livello altamente specialistica come l’ospedale di Terni”.
Il plauso dell’assessore regionale: ospedali umbri lavorano in rete
Sul caso dell’84enne positivo al Covid-19 trasferito dall’Alto Tevere a Terni interviene anche l’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto. “La professionalità, nonché la sensibilità e l’attenzione dimostrata in questi giorni dall’Azienda ospedaliera di Terni nella pronta accoglienza e gestione di un paziente covid trasferito dall’ospedale di Città di Castello per valutazioni altamente specialistiche, dimostra come gli ospedali umbri riescano a lavorare in rete con l’obiettivo di garantire le migliori cure ai cittadini”.
Coletto ringrazia dunque “il commissario straordinario dell’Ospedale di Terni, Andrea Casciari, e tutti professionisti che si sono adoperati per la cura e l’assistenza di un paziente di 84 anni che si era procurato una grave frattura in seguito a una caduta“.
“Le condizioni cliniche complesse del paziente che si è rivelato positivo al virus SARS-coV2 dopo l’effettuazione del tampone – spiega l’assessore – aggravate dagli esiti della caduta, hanno reso necessario il trasferimento da Città di Castello in un centro di riferimento HUB dove sono attivi precisi protocolli anche per interventi su pazienti covid-19. Considerata l’indisponibilità di posti letto di Perugia, è stata contattato l’azienda ospedaliera di Terni, ancora covid hospital, come centro di secondo livello in analogia a Perugia”.
“Sanità umbra fa sistema, siamo ancora in emergenza”
“Ritengo che questa pronta e celere organizzazione tra i servizi sanitari regionali – prosegue Coletto – debba costituire una base utile non per alimentare polemiche, ma per rassicurare gli umbri sul fatto che, in questa fase di grande emergenza, la sanità sia riuscita a fare sistema per garantire assistenza a tutti i cittadini, in primis alle persone fragili, con pluripatologie e anziani”.
“Non dobbiamo dimenticare – conclude Coletto – che anche se fortunatamente in Umbria la circolazione virale si è quasi azzerata, siamo ancora in emergenza, così come ci sono ancora pazienti covid che hanno bisogno di essere curati con professionalità così come sta avvenendo nei nostri ospedali. La dimostrazione arriva dal fatto che molti pazienti guariti hanno espresso parole di apprezzamento nei confronti dei medici e degli operatori degli ospedali umbri dove, oltre alle cure con i farmaci, hanno trovato quel valore aggiunto che è l’umanizzazione delle cure”.