L’assemblea della Banca Popolare di Spoleto – Banco Desio su cui già da giorni una parte della città aveva iniziato a rumoreggiare si è finalmente tenuta e ha deliberato sui due punti all’ordine del giorno: per la parte ordinaria l’approvazione del bilancio 1 agosto – 31 dicembre 2014; per quella straordinaria l’aumento di capitale della società prima del riavvio della quotazione in borsa (il titolo è sospeso da febbraio 2013, ovvero dall’inizio del commissariamento della Bps), mediante il conferimento nel capitale societario di 32 sportelli bancari appartenenti al gruppo Desio e relativi all’area del Lazio (ex Popolare Lazio).
Sull’aumento di capitale, in particolar modo, le attenzioni di alcuni soggetti, come l’AspoCredit di Carlo Ugolini, o addirittura da ultimo il piddì del neo segretario Loretoni (partito rimasto fin qui sempre silente, anche di fronte agli scandali e agli attacchi subìti dalle istituzioni), sono state così pressanti che solo 72 ore prima dello svolgimento dell’assemblea si è gridato al “pericolo mortale”, arrivando a minacciare una class action per mezzo anche di associazioni dei consumatori come l’Adusbef. Il punto su cui ruota una parte (minima) della minoranza azionaria è la recente sentenza del Consiglio di Stato sul commissariamento sia della Popolare che della Spoleto Credito e Servizi. Ma andiamo con ordine.
La parte ordinaria – Con neanche 10 minuti di ritardo sulla tabella di marcia, in perfetto stile meneghino, l’assemblea si ritrova con il presidente Bps Stefano Lado a fare da guida, affiancato da direttore generale Angelo Antoniazzi, dal direttore generale del gruppo desio Luciano Colombini e dal notaio Adriano Pischetola di Perugia. Presenti 26 aventi diritto in rappresentanza dei vari soci tra cui Banco Desio con il 73,16% rappresentato dal presidente e dall’a.d., Agostino Gavazzi e Tommaso Cartone, la Scs con il 13, 22 % dall’avvocato Massimo Marcucci e dai consiglieri Martinelli e Graniti, ed il Monte dei Pachi di Siena con il 7,23 %. La parte ordinaria scorre piuttosto velocemente con l’analisi dei dati illustrati nella relazione del Dg Antoniazzi. Merito di alcune slide riassuntive, moto efficaci nella loro semplicità e merito anche della concretezza del presidente Lado che chiede all’assemblea di dare per lette le varie relazioni previste dalla normativa. Anche sulla parte ordinaria tuttavia, c’è un primo “contatto” tra la minoranza bellicosa e il board allorché, come previsto dalla convocazione, si da corso alle risposte sulle domande depositate all’ufficio legale da parte del rappresentante di AspoCredit, Carlo Ugolini, associazione miracolosamente resuscitata dopo i nefasti della banca. Chiamato al microfono ad esporre le domande alla platea, Ugolini attacca invece a leggere un testo, di più un pistolotto, sulla condizione del territorio rispetto al credito dopo l’arrivo di Banco Desio e sulla legittimità o meno della governance dopo la sentenza del Consiglio di Stato. Più volte lo stesso, che intervene in assemblea per delega di un socio, sarà richiamato dal presidente Lado al rispetto dei tempi e all’attinenza del tema. A quasi tutte le domande ufficiali la risposta è sintetica: “non disponiamo al momento dei dati relativi”, “…i dati richiesti non sono previsti dall’attuale normativa sul bilancio”, lasciando così il “belligerante” senza munizioni. Sugli esiti della sentenza del CdS, Lado ingaggia una sorta di battaglia che durerà per tutta l’assemblea nel tentativo di far capire che il cda è legittimo e può deliberare. Aspocredit appunta la sua attenzione particolarmente sui due sportelli di Torino e Milano. Torino, viene spiegato, è stato un progetto che alla fine del commissariamento aveva perso 2 milioni di euro. Si potrebbe forse dire di più sul contratto di affitto, su strani mutui concessi all’epoca, persino su qualche assunzione, ma indubbiamente c’è chi non vuole infierire. Se, da una parte, Antoniazzi & Co. vorrebbero chiudere la partita, Ugolini torna ad intervenire chiedendo se non sia il caso di promuovere un’azione di responsabilità verso i Commissari di Bankit. E Lado, glaciale: “no, nei confronti dei commissari no, annuncio invece che è in corso l’azione di responsabilità verso il vecchio management”.
Vicenda analoga anche per la filiale di Milano anche se lo sportello meneghino viene utilizzato come metro di paragone per contestare il valore del conferimento degli sportelli di Desio Lazio alla Spoleto (90 milioni di euro, ma con redditività che sfiora gli 8 mln l’anno): appena 400mila euro di valore, argomento su cui si ritornerà al momento del voto per l’aumento di capitale. Visto il botta e risposta senza tentennamenti da parte della presidenza, Ugolini prova la carta della voce forte e apostrofa Lado come “delegittimato dalla sentenza del Consiglio di Stato” e chiede quindi di rifissare un’assemblea da qui a 45 giorni per poter di nuovo ricostruire una governance. Il tempo dell’intervento (5 minuti) è passato da un pezzo, non c’è altro da rispondere, si va avanti. Seguono poi gli interventi di Stefano Di Fonzo, già protagonista dell’assemblea Scs di ottobre 2014, che riesce a infastidire il presidente Lado, rimarcando che Desio a Spoleto “distrugge il valore del territorio”. Secca la risposta di Lado: “l’ultimo dei nostri problemi qui è distruggere”. Lungo e “tecnico” l’intervento dell’avvocato molto vicino all’ex n. 1 Bps Giovannino Antonini (presente all’assemblea), già promotrice di ricorsi alla magistratura per ottenere ragione degli ‘errori’ commessi dal Mef. Ancora sulla scorta della sentenza del Consiglio di Stato, le poche parole di Leodino Galli che accusa la governance della banca di “documenti mendaci e informazione falsa”. Mauro Novelli, che affronta il board e definisce “sbalorditiva e superficiale” la disattenzione di Banco Desio su ciò che accade dopo la sentenza. Un momento di tensione attraversa l’assemblea quando l’avvocato Valter Biscotti, annuncia un suo intervento presso la Procura della Repubblica vista la “spregiudicatezza” dell’attuale board e i relativi atti “predatori”. Biscotti, con fare aulico, cita anche Papa Francesco e giustifica la sua passeggiata a corso Mazzini, dove si trova il Tribunale, perché la cosa “spuzza”, suscitando le risate della sala stampa (appositamente attrezzata per seguire lo svolgimento dell’assemblea).
Al termine degli interventi le risposte del Presidente Lado sono concise e rapide per quanto riguarda la parte amministrativa, mentre per quanto riguarda la sentenza del massimo organo di giustizia amministrativa, si spendono anche le parole del professor Bianchi, consulente della banca, che conferma che quanto sta facendo l’istituto di piazza Pianciani è in linea con la normativa vigente e quindi “possiamo e dobbiamo agire secondo norma”, ribadendo di fatto la convinzione di legittimità ad operare della Desio.
Si passa così al voto dei punti in discussione nella parte Ordinaria. Con 26 presenti, il 99,967% del capitale approva il bilancio e la parte delle politiche di remunerazione e di riparto della perdita, lo 0,032 % voterà no (nessun astenuto).
Il bilancio – chissà come è o come non è, nessuno se l’è sentita di commentare la chiusura del bilancio d’esercizio che per l’attuale board ha riguardato il periodo compreso tra il 1 agosto 2014 (data di ingresso di desio dopo il lavoro dei Commissari) e il 31 dicembre. Un ulteriore profondo rosso da 35 milioni di perdita (35.014.774€ per la precisione) che va ad aggiungersi a quello accertato dal commissariamento pari a 110 milioni (feb. 2013 – luglio 2014). Se mai ci fossero dubbi su cosa è stato fatto negli ultimi anni della Spoleto.
La parte straordinaria e l’aumento di capitale – Dopo le formalità di costituzione dell’assemblea si passa molto rapidamente alla discussione al primo argomento all’ordine del giorno ovvero il conferimento dei 32 sportelli del Lazio e dell’emissione di nuove azioni fissando il valore a 1,812 per azione al fine di ottenere un aumento di capitale pari a 90.628.000 milioni di euro.
Si riapre la discussione e di nuovo parte l’attacco al board in forza della sentenza del Consiglio di Stato. Stessa posizione per Ugolini (Aspo Credit), e altri: l’assemblea per loro è nulla e il consiglio di amministrazione è di fatto delegittimato. Contestata la valutazione della filiale di Milano rispetto a quelle degli sportelli del conferimento oltre alla contestuale presenza nel Lazio sia di sportelli Desio che ex-Bps.
A dare un tocco di suspance a quello che sembrava uno stanco copione, interviene però l’avvocato Massimo Marcucci, presidente della SCS che senza tanti giri di parole chiede di rinviare l’assemblea straordinaria nella parte dell’aumento di capitale motivando la richiesta con due distinti documenti. Il primo attiva anche il secondo nel caso in cui la risposta dell’assemblea fosse quella di proseguire con l’aumento di capitale. Marcucci spiega che dall’insediamento ci sono state mille difficoltà a ricucire gli strappi della Scs causati dalle vicende e dalle gestioni precedenti e che inoltre tutto questo è stato oggetto di azioni legali dirette al nuovo consiglio di amministrazione tanto che attualmente pende sul cda un provvedimento d’urgenza sulla legittimità dello stesso. Marcucci annuncia quindi che nel caso di pronuncia a sfavore verrebbe a mancare la legittimità nel voto di oggi sull’aumento di capitale per quanto riguarda la Scs.
Marcucci segnala anche come il Ministero dell’economia non abbia ancora ottemperato a quanto richiesto dalla sentenza del CdS (che ha evidenziato ‘unicamente’ un difetto di istruttoria, vale ribadirlo, e non messo in dubbio le relazioni di Bankitalia che aveva proposto la messa in sicurezza della banca). E una volta anche adempiuto il suo compito, se ci fosse una pronuncia sfavorevole alla Scs, verrebbe a mancare la legittimità al voto odierno. Un quadro francamente poco rassicurante secondo Marcucci che torna a chiedere un rinvio della deliberazione. La ‘mossa’ dell’avvocato spoletino spiazza il tavolo della presidenza che decide di mettere a votazione la richiesta: l’85% del capitale presente vota per proseguire con l’aumento di capitale, lo 0,03 % vota il rinvio. Nessun astenuto.
Alla luce del voto Marcucci consegna al Notaio il secondo documento in cui si annuncia il voto contrario di Scs all’aumento di capitale adducendo motivazioni aggiuntive: viene in pratica messa in discussione la relazione tecnica del conferimento redatta dal professor Massari in ordine ai crediti verso la clientela della Desio Lazio, come anche gli avviamenti, gli accantonamenti, i mutui, il conto economico ed infine la valutazione della sede di Milano, in questo caso sottostimata.
Insomma una serie di riserve tecniche che sembrano non trovare composizione nelle valutazioni tra Bps-Desio e Scs.
Ma ormai è chiaro l’indirizzo della controllante e senza tanto tentennamenti si passa alla votazione per l’aumento di capitale così come previsto e studiato in origine.
L’aumento di capitale viene così approvato dall’85,848 % del capitale (23 i votanti), mentre il 14,149 % si pronuncia per il “no”. Si astiene solo lo 0,001% del pacchetto.
“Investiti 420 milioni” – al termine dei lavori, l’amministratore delegato del gruppo Desio, Tommaso Cartone, concede a Tuttoggi un breve commento alla giornata e sul futuro dell’istituto. Sa bene che una parte dei ‘ribelli’ – ora che Desio con l’85% del pacchetto può decidere anche il trasferimento della sede legale – ha giocato in città la carta della “paura”, sperando così di raccogliere qualche consenso in più. “Non abbiamo alcuna intenzione di modificare nulla della Banca Popolare di Spoleto, la sede è qui e qui rimarrà – dice con voce pacata ma ferma -, ci mancherebbe che dopo gli sforzi fatti per farne un punto di riferimento dell’Italia centrale ci mettessimo a cambiare strategia. D’altra parte finora, in soli 8 mesi dal nostro ingresso, abbiamo investito qualcosa come 400 – 420 milioni. Certo dispiace assistere a certe prese di posizione. Abbiamo approvato l’emissione di warrant da assegnare gratuitamente ai titolari di azioni diversi da Banco di Desio e della Brianza e il conseguente aumento di capitale sociale, a pagamento e in via scindibile, per un importo di massimi 20.121.582,31 euro nominali riservato esclusivamente ed irrevocabilmente ai portatori di tali warrant”. Come a dire che chi è interessato può farsi sotto. “La nostra politica di attenzione sul territorio non cambia e lo abbiamo dimostrato con le iniziative promosse in questo primo arco di tempo. I primi, tenui segnali di ripresa della banca si cominciano a vedere anche se abbiamo ancora molto da lavorare per rilanciarla come merita e come meritano i nostri azioni, la nostra clientela e le piccole e medie imprese”.
(ha collaborato Carlo Ceraso)
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Modificato il 23 gennaio 2017