Carlo Ceraso
Prima la difesa a spada tratta, poi l’attesa in finestra, i primi timori e, infine, la rabbia. I sindacati bancari di Popolare Spoleto hanno rotto gli indugi e, per la prima volta nella storia di questi ultimi dieci anni, decidono di attaccare frontalmente le governance di Spoleto Credito e Servizi e della controllata Bps. Lo hanno fatto nella tarda serata di ieri mediante una nota diramata, almeno per il momento, solo ai bancari ma che Tuttoggi.info è riuscita a visionare ed è in grado di anticipare. Un testo durissimo in cui si denuncia il ‘malessere dei dipendenti’, la vera forza, fino a questo momento, del dominus di piazza Pianciani, Giovannino Antonini. Qualche scricchiolio per la verità lo si era avvertito all’ultima cena per gli auguri di Natale, nella suggestiva cornice dell’hotel Bramante a Todi, al termine della quale la banca offrì anche uno spettacolo di burlesque: in quell’occasione, un mesetto fa, si erano presentati in poco più di 400. Una bazzecola se si pensa ai seguitissimi convivi del passato in cui il presidentissimo poteva contare su quasi tutto il personale dipendente (6-700 unità, autorità escluse). Ad alimentare il malcontento, ci sarebbero anche alcune recenti promozioni e premi economici che avrebbero interessato, sembra in modo poco trasparente e sulla base di criteri discutibili, una minima parte del personale.
Non sono solo i Cda a finire nel mirino dei sindacati. Ce n’è anche per la politica umbra il cui “silenzio è pericoloso e irresponsabile” come viene bollato dai sindacalisti. Evidente che a preoccupare su tutto sono le vicende scaturite dopo la rottura dei patti parasociali da parte di Banca Mps e le trattative avviate, mediante l’advisor Imi Banca, per trovare un nuovo partner. Gli annunci di Antonini, prima nientepopodimenoche a Bloomberg, poi, per interposta persona (Zuccari e D’Atanasio) alla stampa locale, si sono rivelati dei flop.
La protesta – leggiamo dunque il comunicato sottoscritto da sei sigle (Fabi, Cgil, Cisl, Uil, Unisin e Falcri) con l'unica eccezione di DirCredito e della Ugl del dirigente Militoni, vicepresidente del consiglio comunale di Spoleto in quota Pdl e fra i firmatari di quel comitato pro-Antonini cui si è persa traccia. Leggiamo il documento che apre con l’avvio della protesta verso la governance di piazza Pianciani: “Le rappresentanze sindacali dei Lavoratori della BPS SpA esprimono una FORTE PROTESTA e il malessere di tutti i colleghi per il reiterato silenzio degli organismi istituzionali di Spoleto Credito e Servizi Soc. Coop. e di Banca Popolare di Spoleto SpA, di fronte alle pressanti richieste di dovuta informativa sul destino societario della banca e della sua controllante, anche a tutela dei livelli occupazionali e del futuro operativo dell’Istituto di credito – unico rimasto autonomo ed indipendente nella regione – circa 70 sportelli su oltre 100 nel Paese, 820 dipendenti su 7 regioni, 150mila clienti”. Poi l’attacco alla politica, le cui responsabilità, per il sindacato, sembrano venir prima di quelle stesse degli amministratori della banca: “ Denunciamo anche un PERICOLOSO, IRRESPONSABILE SILENZIO di tutti i politici eletti dai cittadini umbri (amministratori politici territoriali, gruppi politici di maggioranza e di minoranza, parlamentari umbri, esponenti dei vari partiti), tutti uniti nell’assenza di consapevolezza (interessata ignoranza o incompetenza?) rispetto al governo politico (nel senso elevato del termine) dell’ultima banca che, storicamente radicata in regione, rappresenta oggi un vero, essenziale motore economico della regione: oltre due miliardi di Euro investiti alle imprese umbre = lavoro e occupazione, ed alle famiglie umbre = qualità della vita della comunità sociale servita. La Bps, nei fatti, rappresenta oggi l’unica chance di crescita e di sostegno e di reale sviluppo dell’Umbria, in una fase drammatica di crisi in cui la nostra regione dimostra, con l’elevatissima mortalità delle imprese in ogni settore, la disoccupazione giovanile, il ritardo infrastrutturale, una delle peggiori situazioni nazionali di recessione e caduta verso livelli gravissimi di decadimento sociale e lavorativo”. Ce n’è però anche per i due Cda, anche se i nomi dei due presidenti (Antonini da una parte, il neoeletto Brandani dall’altra) non vengono mai citati direttamente: “Di fronte a tutto ciò la governance di Scs e di Bps appaiono concentrate solo al raggiungimento di ulteriori interessi personali, dimentiche delle superiori reali esigenze dell’Istituto e dei suoi dipendenti – lavoratori anche essi soci e clienti – che hanno sollecitato risposte dalla Banca sui seguenti argomenti: 1. quale la diminuzione dei compensi dei membri del Cda e della retribuzione del D.G., di fronte alla rinuncia di consistenti benefici economici, già accettata dai lavoratori dipendenti in sede di contrattazione aziendale; 2. Quanti i top manager che hanno scelto di devolvere una quota della loro retribuzione a favore delle fasce deboli e delle politiche occupazionali per i giovani, come previsto dal CCNL e dal contratto aziendale; 3. Quali spese eccessive, inutili, quali sprechi sono stati evitati, mentre i dipendenti sia in direzione che in rete, hanno registrato la mancata erogazione di riconoscimenti previsti per il raggiungimento dei budget assegnati; 4. Quali le correzioni adottate per rimuovere le forti carenze organizzative e le incongrue e demotivanti politiche del personale. I sindacati, portavoce primari di tutti i colleghi e a tutela dei diritti dell’intero corpo aziendale, pur non intendendo ovviamente essere coinvolte in qualsiasi manovra di potere, rivendicano il diritto di essere tempestivamente informati, e conoscere le motivazioni che hanno portato alle improvvise dimissioni del Presidente della Banca e di membri del Consiglio, nonché di conoscere i profili professionali e personali dei nuovi cooptati, sin qui appresi solo dalla stampa locale”.
Le trattative – non si registra alcuna novità sul fronte delle trattative. Di certo una è sul tavolo della Scs (quella che vede Fondazione CariPerugia con Coop, alcuni imprenditori umbri e Mps disposta a rimanere ma al 10% anzchè l’attuale 26%). Un’altra, confermata a Tuttoggi.info anche da autorevoli esponenti del centrodestra ternano, sarebbe in corso con almeno un paio di imprenditori romani che sosterrebbero una operazione partecipata anche dalla Fondazione CariTerni. Tutto intorno una ridda di voci da far venire le vertigini e che probabilmente qualcuno dentro piazza Pianciani sta facendo trapelare ad hoc. Tanto che un quotidiano romano, che ieri l’altro aveva rilanciato il possibile ingresso in Bps della Fondazione CaRiSpoleto, è stato nettamente smentito dal presidente Dario Pompili: “smentiamo categoricamente la notizia – dice il presidente della Fondazione spoletina – ribadendo che il nostro ente è del tutto estraneo a tale vicenda. Ciò anche al fine di evitare il ripetersi, per il futuro, di una notizia che è destituita di ogni fondamento”.
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