Di Ada Spadoni Urbani (*)
L’autorizzazione che il Consiglio superiore di sanità ha dato al farmaco cosiddetto anticoncezionale, che si prende fino a 5 giorni dopo un rapporto non protetto, è davvero un bel rebus per la scienza. Come si fa a dire, per le caratteristiche che ha, che si tratta di un “inibitore” dell’ovulazione? Come è appurato scientificamente la vita inizia nel momento del concepimento. Allora, come agisce la nuova pillola che vorrebbe essere messa in commercio e sulla quale ho interessato, con una mozione, il Governo: da anticoncezionale o da abortivo?
I meccanismi di funzionamento dell’ulipristal acetato non sono del tutto noti. O meglio: sappiamo che impedisce all’embrione fecondato di vivere. La società di ginecologia italiana, per bocca del suo presidente, non esclude effetti abortivi.
Certamente è “embriotossica”, cioè tossica per l’embrione. Èper questo che si chiede, per assumerla, un test che escluda lo stato di gravidanza, cosa difficile da appurare con certezza,perché nei primissimi giorni è impossibile stabilirlo.
Quindi vogliamo mettere in commercio un farmaco che non cura nulla, che se è in atto una gravidanza non si deve usare (ma allora perché lo si prende “cinque giorni dopo”?) e che èsicuramente tossico ?
Bisognerebbe chiedersi anche che cosa potrebbe accadere se si cominciasse ad usare questi farmaci in maniera non responsabile. Lontano dai riflettori, qualche giorno fa, si è spenta una ragazza portoghese di sedici anni, la trentaduesima vittima della RU486 che, non è male ricordarlo, ha gli stessi effetti collaterali della pillola dei 5 giorni dopo.
Ho chiesto al Governo di non permettere la commercializzazione di questo farmaco che, di anticoncezionale non ha nulla, perché la vita comincia dal momento del concepimento.
Di fronte alla richiesta di somministrazione della pillola dei cinque giorni dopo, per il bene del concepito e ora, è il caso di sottolinearlo, anche per quello della madre, occorre dare la possibilità a tutto il personale sanitario, farmacisti interni ed esterni alle strutture ospedaliere compresi, di far valere laclausola di coscienza, approvando le leggi che la prevedono e che giacciono in Commissione, nello spirito della legge 194/1978.
Evitiamo un’altra pillola che non curerà nessuna malattia, ma che illude chi l’assume di mettersi al riparo dalle conseguenze di un rapporto non protetto.
Vorrei che tutti riflettessimo di più sulla necessità di formare e responsabilizzre le persone, specie i giovani e le ragazze. Abituarli al “tutto e subito” è facile, ma non è un bene.
(*) Senatore PdL