Pil, il Covid ha portato indietro l’Umbria di 25 anni. Questa la drammatica sintesi della ricerca sugli effetti della pandemia sull’economia regionale condotta da Cna Umbria.
Una pandemia arrivata proprio quando l’economia umbra era tornata a cresce, sia pur debolmente (+3,9% tra il 2014 e il 2019).
Cna stima ora che il Covid-19 potrebbe far registrare quest’anno un arretramento del Pil umbro del 10,5%, con un parziale recupero nel corso del 2021 (+5,6% la crescita stimata).
Una flessione senza precedenti: la recessione del 2009 portò il Pil umbro ad arretrare del 7,6%.
E il calo del Pil regionale si accompagna agli altri indici drammatici per l’economia umbra: – 15% per le esportazioni, – 64% per il turismo, per le costruzioni – 14%, per il credito alle microimprese – 33% mentre, considerato l’ultimo decennio, le previsioni di caduta dell’occupazione giovanile arrivano al 23%.
La pandemia frena la propensione ad aprire nuove attività: tra gennaio e luglio le nuove imprese iscritte in Umbria sono state 2559, cioè 636 in meno (-20%) rispetto allo stesso periodo del 2019.
Preoccupa poi la forte flessione dell’export, da cui dipendente il 18,6% del Pil regionale. Giù le vendite all’estero per tutti i settori (ad eccezione della carta stampata), con il solo agroalimentare che riduce le perdite a -8% e il sistema moda a -14%.
La situazione di incertezza legata al Covid accentua le dinamiche già in essere nel sistema del credito. Aumentano i depositi bancari degli umbri (+33%) e flettono i prestiti alle imprese (-30%), soprattutto quelle di piccole dimensioni.
“I dati – commenta Renato Cesca, presidente di Cna Umbria -, già di per sé drammatici, lo sono ancor di più considerando che si sommano a una situazione di partenza che, su molti punti, era già severa nella nostra regione dopo la crisi economica iniziata nel 2008, solo minimamente stemperata dai primi segnali di ripresa iniziati nel 2014. In particolare si conferma la contrazione del settore delle costruzioni e, per il dodicesimo anno consecutivo, anche quella del credito verso le micro imprese, soprattutto nel segmento con meno di cinque addetti. Preoccupano ancor di più i dati sulla disoccupazione giovanile, anche se i livelli occupazionali, tornati a crescere dal 2014, nel periodo pre-Covid mostravano un tasso di occupazione sulla popolazione attiva pari al 64,6% contro una media nazionale sensibilmente più bassa (57%).”
L’indagine, nonostante faccia registrare una diminuzione del numero complessivo delle imprese, continua a confermare quello che la Cna sostiene da anni a proposito del ruolo strategico giocato dalla micro-piccola impresa che, con il suo 95% sulle imprese attive e il 70% dell’occupazione del settore privato, rappresenta la struttura portante dell’economia dell’Umbria.
“In questo quadro così drammatico, però – prosegue Cesca -, noi imprenditori non intendiamo abbatterci e siamo tutti all’opera nel cercare, attraverso processi innovativi, di riposizionare le nostre imprese nel mutato scenario per riuscire a mantenere almeno i livelli occupazionali del periodo precedente la pandemia. L’analisi dei dati emersi dalla nostra ricerca ci porta a fare alcune riflessioni. In qualche caso si tratta di conferme, come quella relativa alla crescita dimensionale delle imprese, come dimostrato dal fatto che alla riduzione del loro numero è corrisposto, a partire dal 2014, un aumento costante del numero di occupati”.
Cesca fa poi un’altra riflessione: “Se per il 2020 si prevede un calo sensibile delle nostre esportazioni, la minor incidenza dell’export sul Pil regionale rispetto alla media nazionale, ci indica che in Umbria ci possono essere interessanti margini di crescita per le imprese e per l’occupazione e che in questo processo il made in Italy continuerà a giocare un ruolo fondamentale. C’è poi il tema delle risorse che si renderanno disponibili attraverso il Recovery fund, il Sure, ma anche dall’attivazione del Mes, che a nostro avviso è indispensabile per accrescere l’assistenza e la sicurezza sanitaria dei cittadini italiani. A queste risorse si possono sommare le facilitazioni temporanee nell’applicazione del codice degli appalti e le possibilità di accesso al super bonus del 110%, soprattutto se lo si renderà più strutturale prorogandolo almeno fino al 2024: di questo beneficerebbe tutto il settore delle costruzioni, particolarmente martoriato dalla crisi, e si potrebbe generare un importante effetto positivo sui consumi interni, anche in sostituzione dei previsti cali dell’export e della manifattura”.
Cesca accenna anche alla programmazione dei nuovi fondi strutturali europei: “Sappiamo che gli assi trainanti saranno costituiti dal digitale e dalla sostenibilità, cosa che noi condividiamo in pieno, purché vengano declinati e calibrati sulle caratteristiche del sistema imprenditoriale umbro. A questo proposito, per portare un contributo costruttivo alla costruzione delle nuove politiche di sviluppo, già da prima dell’estate abbiamo iniziato una riflessione che ha coinvolto un centinaio di imprese umbre, 14 docenti universitari, 5 consulenti esterni e i nostri migliori esperti settoriali, che hanno partecipato a sette diversi gruppi di lavoro dai quali sono scaturite proposte che presto renderemo pubbliche nel corso di tre appuntamenti pubblici, a cui inviteremo gli assessori regionali Fioroni, Melasecche e Agabiti. Appuntamenti che si incentreranno su alcuni grandi temi: il risparmio energetico e la rigenerazione urbana, l’innovazione e la crescita dimensionale di tutte le imprese, e, infine, la cultura del saper fare per migliorare il brand Umbria e attrarre maggiori flussi turistici. Naturalmente si parlerà anche di molti temi trasversali. Quello che è certo è che non ci arrenderemo neanche di fronte al Covid”.
“Ma l’Umbria – conclude il presidente Cesca – dovrà essere capace di investire soprattutto sui giovani, con strumenti più ampi possibili per facilitare l’ingresso delle nuove generazioni nelle imprese. Noi siamo convinti che l’innovazione e la crescita delle imprese passino attraverso il ricambio generazionale a tutti i livelli”.