Un nome che racconta una storia. Pietro Clarici è l’ultima generazione di una famiglia di imprenditori impegnati sul territorio folignate su diversi fronti, da quello cinematografico all’azienda agricola. Una famiglia e una realtà economica, come molte altre, in questo momento alle prese con la pandemia e con tutto quello che ha comportato.
“Con mia sorella Maria Elisabetta siamo la sesta generazione della famiglia che, dalla metà dell’800, segue varie attività nella zona di Foligno“, dice con modestia Pietro, ricordando l’impegno del cinema iniziato per la sua famiglia nel 1936 con il Supercinema e proseguito nel 1959 con il Politeama. Strutture rispettivamente oggi di tre schermi e quattro al Politeama. “Sono realtà andate avanti con l’impegno di tutta la famiglia, a partire da nostro padre, che ha gestito le due ristrutturazioni, facendo diventare Foligno la prima realtà umbra ad avere un multiplex in centro“.
La prima chiusura arriva l’8 marzo del 2020, poi qualche riapertura con l’Arena estiva riaperta a luglio, agosto e settembre. A settembre si è ripartiti al chiuso, ma il 25 ottobre di nuovo chiusura per decreto. “Non ci saremmo mai aspettati una cosa del genere – racconta Pietro – quello che è successo è tragico”. Un momento dunque difficile, per una perdita, a livello nazionale del 95% del fatturato. Con misure di sicurezza “gravose, ma che non hanno provocato alcun focolaio nei cinema“.
E a nulla è valsa la provocazione di Pietro, di fronte a chi parlava di ‘fare acquisti sotto casa’, di fare altrettanto con le piattaforme streaming, che danneggiano i cinema locali: “L’argomento cinema contro streaming è ancora da esplorare. Dagli Stati Uniti arrivano segnali incoraggianti: le persone vorranno tornare in sala, ma diventerà importante il tema della convivenza con lo streaming“.
Se il cinema Clarici ha visto la luce già dagli anni ’30 del ‘900, l’azienda agricola affonda le proprie radici all’indomani dell’Unità d’Italia. Un frantoio, oggi nel centro storico ma all’epoca nella ‘cintura degli orti’, intorno alla città, che è stata la base di quella filiera chiusa che ha reso l’olio Clarici un’eccellenza, venduta anche in Giappone o in Australia. “Stiamo portando avanti il progetto della nostra famiglia – dice Pietro – grazie agli strumenti moderni come il web o i social. E’ proprio questo il valore aggiunto della nostra generazione la facilità di accesso agli strumenti tecnologici, le lingue“.
Giovani e agricoltura, un binomio sempre più stretto. “L’età media dei titolari di azienda agricola è sempre troppo alto – dice Pietro – ma la tendenza dei giovani a riscoprire l’agricoltura è legata alla visione di un’Italia come di un Paese con potenzialità inespresse. Stanno riscoprendo il gusto di impegnarsi per mettere in piedi anche esperienze scoperte all’estero. L’attenzione al biologico, agli aspetti dell’alimentazione legati alla salute, le tecnologie sono stati tutti fattori che hanno incentivato questa tendenza”.