Cronaca

Piccolo Carro, Tar da ragione a comuni | Titolare, “Una bolla di sapone la crociata contro di noi”

Il Tar dell’Umbria ha respinto i ricorsi del Piccolo Carro. La cooperativa che gestisce diverse strutture dove sono ospitati minori disagiati aveva tentato questa via per respingere la revoca delle autorizzazioni al suo funzionamento emessa dai Comuni di Perugia e Assisi (dove hanno appunto “Le Tribù”, “L’isola che non c’è” e “Silo”).

Secondo il tribunale amministrativo Piccolo Carro avrebbe svolto “in via sistematica attività sanitaria senza la prescritta autorizzazione regionale, come dimostrato dai sopralluoghi effettuati e da molteplici elementi acquisiti in sede istruttoria, con conseguente perdita dei requisiti essenziali alla base della predetta autorizzazione”. Proprio il punto delle autorizzazioni è da sempre al centro anche dell’inchiesta della procura che aveva portato al sequestro dell’attività e poi al successivo dissequestro, fermo restando l’iscrizione al registro degli indagati dei due titolari che secondo l’ipotesi di reato avrebbero percepito fondi più consistenti del dovuto per le loro prestazioni. Ma “il dissequestro (ad opera della Procura), citato dalla ricorrente come argomento a proprio favore, nulla ha a che a vedere – secondo il Tar – con il distinto odierno giudizio di legittimità”. La coop si è sempre difesa – tramite i suoi legali Mario Tedesco e Massimo Marcucci – spiegando che l’attività esercitata ha carattere “sociale terapeutico” come autorizzato dai Comuni. Ma l’attività esercitata “sarebbe priva di rilevanza sanitaria perché i minori ospitati sarebbero soggetti a malattie croniche tali da essere curati solamente da strutture titolari di autorizzazioni sanitarie”. A seguito di ispezione effettuata dal gruppo tecnico di cui all’art. 21 del Regolamento regionale n. 8 del 2005, il 28 settembre 2016 il Comune ha diffidato Piccolo Carro ad assumere un diverso assetto organizzativo, apparendo l’attività esercitata differente da quella socio educativa autorizzata.

Tra l’altro si è costituita anche la Regione Umbria evidenziando “l’infondatezza del gravame non essendo le strutture in questione mai state autorizzate né accreditate per l’esercizio di attività socio sanitaria, avendo anche inviato a tal fine una diffida alla cooperativa ricorrente”.

Con memoria di replica i comuni, ricorda sempre il Tar,  hanno depositato varie missive del Direttore Sanitario della USL Umbria 1 comprovanti la presenza nelle comunità gestite dalla cooperativa Piccolo Carro di ospiti con problematiche prevalentemente di tipo sanitario. Hanno altre sì evidenziato come la tematica delle comunità terapeutiche di cui alla d.G.R. 1240/2016 non sia ancora recepita nella Regione Umbria da alcuna norma e che le rette deliberate dalla ricorrente fornirebbero ulteriore dimostrazione del carattere sanitario delle prestazioni concretamente offerte. Di contro la difesa della ricorrente ha depositato certificati medici attestanti l’assenza di problematiche prevalentemente sanitarie dei minori ospiti delle strutture. Al fine di sgomberare il campo da equivoci il Tar chiarisce anche “come nella Regione Umbria allo stato sussista una netta dicotomia tra attività socio assistenziale e attività sanitaria, non essendo disciplinata a differenza di alcune Regioni l’attività delle c.d. comunità terapeutiche specificatamente destinate al trattamento di minori con problemi di salute mentale o dipendenza, con la conseguenza che esse oggi non possono essere attuate né autorizzate. La deliberazione G.R. n. 1240 del 3 novembre 2016 invocata da Piccolo Carro “non ha al momento alcuna valenza al fine di corroborare la prospettazione della cooperativa Piccolo Carro, non essendo previsto alcun modello intermedio di sintesi tra l’attività socio assistenziale e quella sanitaria”.

Arriva la replica dal Piccolo Carro da Cristina Aristei, presidente della coop, che definisce l’inchiesta “una crociata immotivata contro la nostra attività” e parla di “bolla di sapone”. Su Assisi, rispetto a “Silo”, “avevamo già da tempo iniziato a trasferire i ragazzi in altra struttura – racconta –  e ad oggi lì non c’è già più nessun ospite, è stata una scelta precedente, legata ad altri fattori e per quanto riguarda l’amministrazione e il sindaco di Assisi saremmo lieti di averli ospiti nelle nostre strutture e di fargli incontrare i ragazzi  così potrebbero  sincerarsi, di persona, di come stanno qui da noi. Riteniamo che sia stata condotta nei nostri confronti una crociata di pregiudizi”.

Perugia è ancora una situazione diversa, qui la coop è in attesa di nuova autorizzazione visto che la precedente era scaduta “sono già in atto le procedure per riaverla, e attualmente ne abbiamo una provvisoria subordinata ad una serie di controlli che sono già in atto”. E conclude, “noi continuiamo serenamente a lavorare, queste sentenze del resto non hanno cambiato di una virgola quello che già stiamo facendo. Vogliamo anche aggiungere che nel frattempo la direzione sanitaria della Usl Umbria ha redatto schede specifiche per ognuno dei nostri ragazzi, una rivalutazione diretta proprio alle loro condizioni cliniche e tutti, tranne due di loro (come prevede la normativa), risultano avere problematiche prevalentemente socio-educative“. 

Aggiornato alle 20 del 5 Maggio

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