Oltre alla medaglia simbolica che il Comune tifernate ha consegnato alla famiglia, Angelo Zampini potrebbe avere presto un’onorificenza vera e propria: la decisione è nella mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Città di Castello e Maiano hanno chiesto di riconoscere a cento anni di distanza il gesto eroico del giovane sergente mitragliere, morto a Farla nel Friuli il 30 ottobre 1917 cercando di frenare l’avanzata dell’esercito austroungarico dopo la disfatta di Caporetto. La notizia è stata data dal sindaco tifernate Luciano Bacchetta e dal sindaco di Maiano Raffaella Paladin durante la cerimonia che si è svolta nella Sala del Consiglio comunale di Città di Castello, alla presenza dei molti nipoti e pronipoti che ancora Zampini conserva a Lerchi, frazione di cui era originario, cittadini, associazioni combattentistiche e scuole.
Agli studenti il sindaco Bacchetta si è rivolto nel suo intervento per attualizzare la figura di questo “giovane, per il quale la patria era un valore supremo. Lui e tanti suoi coetanei, furono inviati al fronte spesso senza conoscere le motivazioni per cui veniva loro chiesto di uccidere. Se possiamo dubitare del senso patriottico delle gerarchie militari di allora, – ha detto – non possiamo avere tentennamenti sull’eroismo dei tanti ragazzi che morirono al fronte o in trincea in nome della libertà e del proprio Paese”. “Siamo fiduciosi nella possibilità che il presidente della Repubblica dia il giusto riconoscimento ad Angelo Zampini anche se per noi la medaglia sul petto già ce l’ha” ha detto il sindaco Paladin. “Ricambio volentieri la visita della delegazione tifernate a Maiano. Essere per la prima volta a Città di Castello è emozionante perché Angelo Zampini ha continuato a vivere nel ricordo delle nostre due comunità”. Chi era e come morì lo ha spiegato Alvaro Tacchini, storico e presidente dell’Istituto di storia politica e sociale “V. Gabriotti”: “pur avendo solo 23 anni, pur essendo un contadino dell’Umbria profonda, Angelo Zampini aveva un valore non solo morale: in poco tempo era diventato sergente e nei momenti tragici della ritirata dell’esercito italiano dopo Caporetto, resistendo aggrappato alla sua mitragliatrice diede il tempo di fuggire alle duecento persone che abitavano Farla e che sarebbero state travolte dalle schiere straniere. Questo gesto Farla non lo dimenticò anche se nessuno poté testimoniare il suo coraggio dato che era stato dato l’ordine della ritirata e tutti, anche i suoi superiori, avevano eseguito. Nella rosa dei 53 decorati tifernati della Prima Guerra mondiale manca il suo nome”.