Peste suina africana, stop caccia in 78 comuni | "Ma no allarmismo anticaccia"

Peste suina africana, stop caccia in 78 comuni | “Ma no allarmismo anticaccia”

Massimo Sbardella

Peste suina africana, stop caccia in 78 comuni | “Ma no allarmismo anticaccia”

Sab, 08/01/2022 - 11:48

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Dopo la conferma dell'infezione tra Piemonte e Liguria | Sparvoli (Libera Caccia) avverte: non usare allarmismo contro la caccia

In 78 Comuni tra Piemonte e Liguria sarà vietato andare a caccia. Si tratta dell’area individuata dalle due Regioni e dal Ministero della Salute come “zona infetta”, dopo che il Centro di referenza nazionale per le pesti suine (Cerep) dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche – centro responsabile a livello nazionale – ha confermato il sospetto di infezione da peste suina africana (PSA) riscontrato dall’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta in un cinghiale rinvenuto morto nel territorio di Ovada.


L’Istituto zooprofilattico conferma
l’infezione da peste suina africana


I provvedimenti

nei 78 i Comuni – 54 in Piemonte e 24 in Liguria – in attesa di un provvedimento ministeriale, è stato chiesto di emanare ordinanze che vietino sul loro territorio l’esercizio venatorio a tutte le specie. Attivate anche misure di sorveglianza e di biosicurezza sia negli allevamenti, sia nella gestione domestica. Con particolare riguardo a tutte le operazioni di trasporto e di movimentazione degli animali, di mangimi, prodotti e persone.

Attivate, come previsto dal Piano nazionale per le emergenze di tipo epidemico, le Unità di crisi a livello locale, regionale e nazionale per l’adempimento delle azioni previste dal manuale operativo e dalle norme specifiche in materia.

Sparvoli: “Attenzione, ma no allarmismo anticaccia”

“Attenzione, ma niente allarmismo anticaccia” avverte il presidente nazionale della Libera Caccia, Paolo Sparvoli. Che parla di due cinghiali affetti da peste suina africana rinvenuti tra Piemonte e Liguria.

“Dietro questa forma di ‘terrorismo psicologico’, che per ora sembra la brutta copia di quello suscitato anni fa dall’influenza aviaria – avverte Sparvoli – si potrebbero nascondere gli interessi non dichiarati, ma
ugualmente ben noti, di chi vuole seminare panico per i soliti scopi anticaccia (e anti art. 842 del Codice civile) che negli ultimi tempi stanno ottenendo più di qualche consenso non solo all’interno del mondo agricolo ma, purtroppo, anche fra qualche associazione venatoria”.

Sparvoli ricorda che fra i principali protagonisti del monitoraggio sulla peste suina africana e su altre malattie trasmissibili attraverso gli animali selvatici ci sono proprio i cacciatori: “Non tanto e non solo per quanto riguarda i capi abbattuti e severamente controllati, ma soprattutto per il controllo costante del territorio che permette di individuare (com’è successo di recente) eventuali capi morti proprio a causa della peste”.

Cacciatori in prima linea nel controllo dell’ambiente naturale, dunque, sia quelli in braccate, sia chi pratica altre forme di attività venatoria.

Del resto, ricorda Sparvoli, i cacciatori sono stati parte attiva in iniziative di sensibilizzazione contro la PSA già dal 2019, come quella organizzata in Abruzzo dalla Società Italiana di Ecopatologia della Fauna in collaborazione con l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana e patrocinato dalla Provincia di Arezzo e dal Ministero della Salute.

“Nessuno, quindi, può impunemente cavalcare la tigre dell’allarmismo – avverte Sparvoli – per continuare a perseguire insensati scopi anticaccia che finirebbero, inevitabilmente, per risultare infinitamente più
pericolosi per l’economia nazionale e l’intero sistema Italia”.

Peste suina africana: cos’è

La peste suina africana (PSA) è una malattia virale altamente contagiosa, che uccide ungulati e suini, ma non è trasmissibile agli esseri umani. Per questa sua caratteristica le epidemie da P.S.A. sono devastanti per le economie delle nazioni che ne sono colpite, in quanto costringono alla eliminazione di centinaia di migliaia di capi di suini di allevamento al fine di arginare la sua diffusione.

Dal 2014, l’epidemia si è presentata in alcuni stati membri della UE come Belgio e Germania, determinando l’adozione di severe norme di controllo da parte di tutti gli altri Stati, Italia compresa.

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