Achtung, comunicatori sopraffini all’opera. Si inonda il cuore di emozione e di compiaciuta speranza nel futuro a vedere ciò di cui alcuni professionisti “parlatori” sono capaci, nel mentre intorno si scatena la tempesta e il diluvio è imminente. Doppi sensi, anacoluti, onomatopee, ossimori e financo palindromi per sostenere quello che gli inarrivabili Totò e Peppino ebbero a riassumere con la lapidaria domanda “…per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?”.
Ed è così che, quasi si fosse nel set del film succitato, Totò Peppino e la Malafemmina, si è svolta oggi la conferenza stampa “postuma” dopo la scomparsa della nomina di Perugia a Capitale della Cultura 2019. Nel bla-bla istituzionale, brucia tutti sul tempo l’ìneffabile On. Walter Verini che in un comunicato pressochè contemporaneo allo svolgimento della conferenza (che lo avesse nottetempo pensato?) comunica urbi et orbi che “Abbiamo perso, ma non siamo stati sconfitti”, che tradotto in volgare sarebbe, “ce ne hanno date tante ma gliene abbiamo dette…”!
Se, come pare, il risultato finale della competizione vede Perugia a 0 (leggasi Zero) punti in classifica rispetto alle altre città competitrici, non rimane che aggrapparsi alla “grande bellezza” generica dell’operazione. E così Verini non si risparmia ringraziando tutti della “bella e importante” corsa appena conclusa. Viene in mente il famoso nonsense tanto in voga ai tempi del liceo “La lunga corsa del cavallo morto”, ergo una immagine di bellezza armoniosa in un quadro prospettico che va verso il nulla. Inutile? Ai posteri l’ardua sentenza. Ma non pago, Verini ci “azzecca” (voce del verbo infilare) dentro pure l’eredità di cotanta esperienza, ovvero il “giacimento di progettualità e programmi…un insieme di visione e concretezze che potranno aiutare l’Umbria e le sue città a guardare con più fiducia al futuro, in un momento così difficile come quello che stiamo attraversando”. E’ a quel punto che dalla porta della sala conferenza c’è stato il fuggi fuggi generale di sindaci salmodianti scongiuri contro la peste bubbonica, la peronospera e la Mosca tze tze. Per molto meno Nanni Moretti nel film Palombella Rossa schiaffeggiava una giornalista gridandogli “Le parole sono importanti”. E Dio non voglia che, a noi che siamo giornalisti, venga in mente di chiedere qualcosa di sinistra a Verini sulla faccenda di Perugia Capitale della Cultura 2019, prematuramente scomparsa in anno domini 2014.
Un allegro de profundis quello sciorinato durante la conferenza stampa: “abbiamo fatto bene, abbiamo seminato – (si veda lo slogan della candidatura Seeding change) – nuove professionalità, incoraggiando i giovani”. Anche il sindaco Romizi, che arriva a citare Renzi, dichiara di “non voler vedere musi lunghi“, nè gufi pronunciare “ve lo avevamo detto. Veniamo da un letargo: immagino un piccolo grifo, dentro un uovo, che si schiude e si sta risvegliando. Sarebbe da sciocchi rimetterci a dormire. Abbiamo fame di protagonismo, siamo stanchi di stare al margine e continuare guardare dal balcone verde dell’Umbria”. Un pensiero va all’ex sindaco Wladimiro Boccali e all’ex assessore alla cultura Andrea Cernicchi (grande assente l’attuale Severini), a chiudere una perfetta omelia da funerale. L’unico ad essere profondamente amareggiato, e a dirlo, è Arnaldo Colasanti, direttore artistico della Fondazione. Lui, da romano, dice, proprio non se l’aspettava. Dice di credere nella repubblica, in quella forma di stato capace di produrre dibattito e libertà; meno nella politica, però, e nell’alterco destra e sinistra, forse dimenticando che il giogo è proprio lo stesso, e anzi: l’una senza l’altra probabilmente neppure esisterebbero.
La domanda, con la D maiuscola, questa volta è: e adesso? Adesso cosa ne sarà di questa fondazione? Della sua struttura che, come detto anche dai giornalisti in conferenza, “costa“, ma a cui Bracco ha chiosato “ma tutto costa“. C’è un progetto, che si ipotizza si chiami Italia2019. Insomma l’idea è quella di non voler abbandonare il progetto, quell’asse Assisi-Perugia, che il sindaco Ricci, taccuino e smartphone alla mano, al centro di alcune battute 2.0 tra i relatori, rivendica con forza. “Cercheremo in ogni modo da qui a cinque anni di portare a compimento i progetti. Non solo da un punto di vista infrastrutturale, ma anche culturale. Pensiamo che le città dell’Umbria avrebbero meritato il titolo a fondamento della storia che le lega, per la solidità del progetto stesso, solido e realizzabile. Meritavamo il titolo e lo dimostreremo, perché saremo in grado di realizzare quanto abbiamo programmato come cantieri“. Ricci poi si lancia in una critica nei confronti della prassi dei commissari europei: “mi sarei preso più di un’ora e mezza per esprimere il giudizio dopo aver ascoltato l’ultima audizione, almeno nel rispetto delle città candidate”.
E se Colasanti, scherzando (ma magari neanche tanto) dichiara di essere in cerca di un lavoro da questo pomeriggio, gli occhi lucidi del presidente Bracalente possono sembrare lo specchio di un’occasione mancata, che diciamoci la verità, avrebbe fatto piacere a tanti, e sarebbe stata utile per molti altri ancora. Un boccone amaro da ingoiare: e davvero non basta etichettare Matera come una “capitale dimezzata“, nelle parole di Bracalente, per via dei “soli” 7 voti favorevoli espressi dalla Commissione. Un atteggiamento, sempre secondo Bracalente, non politically correct: “Perugia2019 sa non essere vero il dato in base al quale avrebbe totalizzato zero voti”. Andrà anche bene tenere la barra del timone dritta, e andrà bene pure non cospargersi il capo di cenere. Non chiederemo a gran voce un bagno di umiltà, ma piuttosto avremmo bisogno di una lucida analisi di quanto realmente una città come Perugia si sia lasciata coinvolgere dalla ventata culturale (a botte di assemblee semi vuote e di concerti dei soliti noti). Se non sia stata più entusiasta per l’apertura di un nuovo (inutile?) supermercato; se non si sia ripiegata sull’etichetta di “capitale della droga”, tanto da svuotare il centro per un parcheggio più comodo; se non abbia preferito il solito “magna magna”, di cioccolato questa volta, vista la contingenza di Eurochocolate per le strade del capoluogo; o se ancora non sia diventata la città delle denunce dopo la manifestazione delle “Sentinelle in piedi”. Se queste sono definizioni di cattivo gusto, come lo sono, allora non vale neppure recuperare in corner, come ha fatto l’assessore Bracco, quando si è detto che in fondo “si sapeva che avrebbe vinto Matera, a cui facciamo i nostri auguri. Noi partivamo già avvantaggiati perchè godiamo già di un ampio orizzonte culturale. Matera invece in questo senso ha bisogno di essere aiutata“. Alla fine poi arriva anche il brindisi, con spumante per tutti. In fondo si sa: siamo in spending review, e lo champagne non possiamo permettercelo. Specie in vista di tempi magari non tanto rosei. A proposito, “Per andare dove dobbiamo andare…per dove dobbiamo andare?”.
Servizio di Alessia Chiriatti
(ha collaborato Carlo Vantaggioli)