Con un occhio agli appunti mossi dalla Corte dei Conti e uno all’appuntamento elettorale del prossimo anno, la Giunta Romizi ha strappato il sofferto via libera, da parte del Consiglio comunale, al Bilancio di previsione 2018-20. I voti a favore del documento finanziario sono stati 19, con l’astensione di Scarponi (Ncd), che dopo il voto del 4 marzo appare sempre più sulla porta.
Contro, insieme a Pd e cinquestelle, si è espresso Carmine Camicia, che ha parlato per quasi quattro ore per illustrare i suoi 28 emendamenti (33 quelli presentati in totale, uno solo approvato, quello tecnico della Giunta). Un intervento fiume, quello di Camicia, effettuato dopo aver distribuito ai colleghi seduti sui banchi della maggioranza bicarbonato “per un rendiconto difficile da digerire”, così come ci saranno disturbi alla digestione, prevede, per i cittadini che dovranno mandar giù “i 4 milioni e 500 mila euro della Tari”. Un’opposizione colorita, quella di Camicia, che del resto era stata preannunciata già nelle scorse settimane con i manifesti nei quali, prendendo a prestito lo slogan dei pubblicitari del Minimetro, annunciava ai poveri “torzoni perugini” la stangata fiscale e quindi il tradimento delle aspettative iniziali sulla Giunta di centrodestra.
Con il discusso aumento della Tari, per la raccolta dei rifiuti, i perugini spenderanno, come noto, circa il 10 per cento in più.
C’è poi la nuova regolamentazione del costo dei pasti per chi usufruisce del servizio mensa a scuola. La fascia di esenzione totale viene innalzata a 2 mila euro di reddito, mentre gli attuali 30 euro mensili di spesa restano invariati per le famiglie che hanno un reddito fino a 30 mila euro annui. Gli aumenti riguardano le fasce di reddito sopra 10 mila euro, con le nuove tariffe fissate in questo modo: 55 euro al mese per redditi tra 10 e 14 mila; 65 euro tra 14 e 18 mila; 70 euro fino a 26 mila; oltre tale soglia di reddito tariffa unica a 75 euro al mese. Una revisione complessiva che, tra aumenti dei prezzi ed incremento delle fasce di esenzione ed esoneri (ad esempio per i nuclei con più figli), dovrebbe portare più soldi nelle casse del Comune.
L’Ente fa cassa anche con il nuovo forno crematorio, l’unico attualmente attivo in Umbria, con incrementi dei servizi cimiteriali che variano dal 10 al 30 per cento.
Detta della protesta di Camicia, la maggioranza difende una manovra che rimette sui giusti binari i conti dell’Ente, stabilizzando la spesa corrente sui 152 milioni, in calo dunque rispetto alla media del 2012-2013 (che era stata di 173 milioni). La cassa vincolata scende da 17 ai 4 milioni, così come l’anticipazione di cassa in decremento dai 22 milioni del 2013 ai 13 milioni del 2017. Allo stesso tempo, dopo il monito della Corte dei conti, sale la somma appostata nel fondo crediti di dubbia esigibilità, che passa dai 7,6 milioni del 2013 agli 83 milioni attuali. Altra riduzione sulle entrate straordinarie: 19 milioni nel 2014, era di 7 milioni nel 2017.
E sulle tariffe per i pasti nelle mense è stato effettuato un “riequilibrio”, così da riportarle in linea con il dettato costituzionale. Insomma, si è fatto quello che si poteva fare data la situazione, anche se qualcuno, tra i banchi della maggioranza, auspica futuri tagli sul fronte dell’imposizione fiscale.
Scarponi, dal suo limbo, dà un colpo al cerchio ed uno alla botte: si è pensato molto a programmare e governare l’emergenza, facendo però mancare “la politica delle idee e dell’aumento dell’offerta”.
Il Pd punta l’indice contro l’operato della Giunta, che dopo quattro anni scarica le responsabilità della situazione finanziaria dell’Ente sulle precedenti amministrazioni: al contrario i problemi attuali certificano l’incapacità di governare della maggioranza di centrodestra.
Per il Pd il bilancio è lo specchio dell’incapacità di governare e di programmare di questa amministrazione, nonostante i 3 milioni e mezzo di interessi passivi “bruciati in tre anni” con il sistema delle anticipazioni di cassa ed operazioni quali “la svendita del Minimetro per soli 4 milioni”. Nel mirino, l’aumento della Tari a fronte di una raccolta che arretra, la chiusura di asili nido e biblioteche, la rimodulazione delle tariffe dei servizi educativi basata sull’Isee che va a incidere soprattutto sulla classe media. E ancora, i disagi lamentati dai vigili urbani e le strade colabrodo nonostante la promessa ad inizio mandato di renderle “lisce come panni da biliardo”.
Nel rimpallo di polemiche tra precedenti amministrazioni di centrosinistra e l’attuale di centrodestra, i cinquestelle non fanno distinzioni: non vi è alcuna discontinuità col passato, soprattutto in materia di gestione dei rifiuti, partecipate, trasparenza, pressione fiscale e mobilità.