Categorie: Cronaca Perugia

Perugia, bimba costretta a rapporti sessuali, mamma condannata

Sara Minciaroni

Era il 2009 quando F.G., 43enne, venne arrestata con l’infamante accusa di aver procurato incontri sessuali alla figlia di appena 11 anni. La donna, dedita alla cartomanzia, era convinta che sua figlia meritasse attenzioni e gratificazioni da giovani ammiratori che la genitrice stessa adescava. I fatti avvennero nella zona del Trasimeno. La madre, stando a quanto emerso, sognava per la propria figlia un “futuro di successo” e queste violenze dovevano servire a far crescere l'autostima della bambina e a farla divenire popolare tra i coetanei. Gli abusi, che sono durati mesi, alla fine avevano cadenza quasi quotidiana. Il modus operandi era ormai collaudato: la 'mamma' adescava minorenni e li invitava a casa sua per far sesso con la figlia undicenne. Tutto quello che dovevano fare era avere rapporti sessuali con la bimba (mai completi, come accertato durante il processo) e, a volte, lasciarsi filmare in scene che lei dirigeva da morbosa regista. In cambio offriva ai ragazzini piccole somme di denaro, ricariche telefoniche, a volte anche telefoni cellulari. Oggi la donna, che ha chiesto il rito abbreviato, è stata condannata dal Gup Carla Maria Giangamboni del Tribunale di Perugia a 5 anni e 4 mesi di reclusione. Il pubblico ministero aveva chiesto una pena di 8 anni mentre la difesa -affidata agli avvocati Francesco Falcinelli, Massimo Rossini e Anna Dean – l’assoluzione per la loro cliente. Il collegio difensivo si è anche opposto all'utilizzo dei filmati acquisiti dalla procura. L'orribile vicenda, come si ricorderà, generó il panico nelle famiglie del luogo; furono molte le famiglie preoccupate che i propri figli avessero frequentato la casa “degli orrori “. Di risvolti sociali questa drammatica storia ne porta con sé diversi. Prima di tutto perché ha coinvolto direttamente, oltre alla malcapitata protagonista, almeno altri tre minori. A quanto pare però molti altri ragazzini sapevano che in quella abitazione succedevano cose che “ai grandi non potevano essere raccontate” per paura di incorrere in qualche punizione. “Giochi” proibiti che però si svolgevano al cospetto di una madre che invitava la stessa figlia ad offrirsi. Soltanto la forte coesione sociale e gli strumenti di autodifesa della comunità (a cominciare dai rumors dei vicini di casa) hanno permesso di far cessare il perverso meccanismo innescato dalla genitrice. La piccola, subito dopo l'arresto della madre, venne trasferita in una casa-famiglia e poi affidata ad alcuni parenti. Il padre, in un primo momento arrestato anche lui ma in seguito rilasciato, è sottoposto ad altro procedimento per accertare eventuali sue responsabilità in questa squallida storia.

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