Dopo il “mezzo caso” calabrese e il “casotto” umbro, sul tavolo del segretario nazionale dem Nicola Zingaretti arriva “l’affaire” Faraone in Sicilia. L’annullamento della sua elezione a segretario dem dell’isola spacca il partito, con i renziani sulle barricate. Un’elezione che secondo la maggioranza dem (che al Congresso siciliano appoggiava l’ex deputata Teresa Piccione, poi ritiratasi) è stata viziata da presunte irregolarità nella presentazione delle liste.
La Commissione di garanzia ha accolto i ricorsi, con le minoranze che si sono però espresse contro l’annullamento. Per i renziani si è trattato di un colpo di mano dettato da mere valutazioni di corrente. E si chiede l’intervento del segretario Zingaretti. Che ora deve valutare l’eventuale commissariamento, nella Direzione che si terrà venerdì.
Cosa c’entra l’Umbria in tutto questo? In Umbria è ancora in sospeso, almeno formalmente, la questione del commissariamento dell’Assemblea regionale. Nella lettera indirizzata al reggente Walter Verini da Andrea Martella (coordinatore della Segreteria nazionale) e da Stefano Vaccari (responsabile organizzazione) si parla di avvio delle procedure per commissariare tutti gli organismi dell’era Bocci a seguito dello scandalo che ha portato alle dimissioni dell’ex segretario e della rissosità interna del partito. “Pertanto, sentita la Commissione nazionale di Garanzia – terminava quella lettera nella sua versione integrale – saranno assunti tutti gli atti formali necessari a perfezionare l’iter di commissariamento nella direzione sopra precisata“.
E la volontà politica di azzerare quel gruppo dirigente a maggioranza bocciano-mariniana potrebbe essere formalizzata appunto nella Direzione di venerdì, qualora si decidesse di affrontare anche il caso umbro insieme a quello siciliano.
Affidando così al nazionale la risposta alla mossa dei “104” (la maggioranza dell’Assemblea) che hanno depositato una richiesta di autoconvocazione, minacciando di rivolgersi al giudice qualora entro il termine dei 20 giorni previsti dallo Statuto (cioè entro il 5 agosto) non venga convocata l’Assemblea stessa o non si produca il documento che ne certifichi, motivandolo, lo scioglimento.
Certo, politicamente una differenza, sostanziale, tra il caso umbro e quello siciliano c’è. In Umbria la battaglia appare tutta locale (neanche il vice segretario nazionale Orlando si è espresso sul braccio di ferro in atto, lunedì scorso a Perugia). In Sicilia, a sostegno di Faraone, è invece sceso in campo direttamente Matteo Renzi, rilanciando un tweet del capogruppo dem in Senato, Andrea Marcucci.