In attesa di vedere se le (poche) tentazioni di appoggio ad un governo pentastellato creeranno qualche diaspora tra la pattuglia che Renzi ha portato in Parlamento, scongiurata la fuga a sinistra post batosta elettorale a causa dell’inconsistenza della tenuta dei baffetti di D’Alema a cui attaccarsi, il Pd tenta la motivazione di genere per provare l’ennesima scissione.
E la piccola Umbria anche questa volta si ritaglia un ruolo da protagonista. Tra le prime ad accusare di maschilismo Renzi, Orfini e gli altri generali dem, al grido di Towanda (con cui Idgie e Ruth, le protagoniste di Pomodori verdi fritti alla fermata del treno, si ribellavano alla prepotenza maschile ed al razzismo negli Stati Uniti degli anni ’30 del Novecento) c’è infatti l’ex senatrice perugina Valeria Cardinali.
Rimasta quieta (ma non certo impegnata) durante la campagna elettorale, dopo la bruciante delusione per la propria esclusione dalle liste dem e dai listini uninominali del centrosinistra, visto che il capocorrente Orlando appare ancora alle corde, la sanguigna Cardinali si è incontrata con altre ex senatrici e, insieme alle responsabili regionali di Emilia Romagna, Umbria e Veneto, ha lanciato la raccolta di firme femministe al grido, appunto, di TowandaDem.
Una lettera-appello che è un pesante atto di accusa a chi ha diretto il partito, sino alla gestione della disastrosa campagna elettorale che ha visto le donne dem in Parlamento superate in numero dalle colleghe pentastellate ed anche del centrodestra, alla faccia del cielodurismo leghista e del machismo berlusconiano. “Abbiamo sbagliato a fidarci – scrivono le ribelli dem – non accadrà mai più!“. E ancora: “Mai più pluricandidature femminili di poche per far eleggere molti uomini“.
Una bomba gettata a pochi giorni dall’Assemblea nazionale del partito, poi rinviata a causa dello stallo politico che crea incertezze sul da farsi anche nel Pd. La vicenda però, per restare alle questioni di casa nostra, ha offerto un assaggio dello scontro che si avrà in Umbria da qui al 2020, anno del rinnovo della Giunta e del Consiglio regionale, passando per le imminenti elezioni amministrative e per le elezioni comunali perugine del 2019.
Perché mentre Cardinali tiene il conto delle centinaia di donne che stanno aderendo all’appello TowandaDem, la governatrice Marini, con il mondo del giornalismo a Perugia per il Festival, non si tira indietro ad una domanda dell’Ansa sul colore “rosa” e risponde difendendo i vertici del partito: “Basta con gli appelli strumentali di chi per anni all’ombra di uomini capi corrente ha promosso a volte più l’alleanza delle amiche che la vera forza delle donne, autonome, libere e critiche“. E per ribadire il concetto, Marini aggiunge: “Non ci si può ricordare delle donne e fare la ‘chiamata alle armi’ solo quando si perdono gli spazi di potere e i posti nelle istituzioni“. Insomma: vi lamentate adesso che siete fuori. E così, anche il femminismo tra le due pasionarie della politica umbra, forse uno dei pochi temi che ancora possono accomunare Cardinali e Marini, diventa terreno di scontro.
Poi, a significare che anche se indossa spesso i pantaloni Marini non è comunque insensibile alla causa femminista, si lascia fotografare insieme a Ritanna Armeni, che mostra il suo libro “Una donna può tutto“.
Cardinali sottoscrive la replica di Emilia De Biasi: “C’è chi ha risposto difendendo l’operato del capo. Non mi interessa la diatriba fra renziani e antirenziani. E c’è chi, con tipico autoristarismo femminile, male endemico della storia femminile in politica, ha chiesto dove eravamo mentre succedeva tutto questo. Molto semplice: eravamo a difendere l’operato del Governo, in Parlamento e nei territori. Eravamo a lavorare“. Boom. E lo chiamano “sesso debole”…
In mezzo – e non è una novità – l’ex assessore perugino Lorena Pesaresi, che aderisce all’appello TowandaDem, ma chiarisce: “Le battaglie per le donne dobbiamo imparare a farle prima e non a giochi avvenuti nelle stanze chiuse tra pochi! O solo quando non si è state ricandidate!“. Parole accolte, immaginiamo, con ricambiata stima e simpatia da parte di Marini e di Cardinali.
Alla zuffa di genere non partecipa invece stavolta Anna Ascani, impegnata in un altro Caos, quello con la “c” maiuscola, a Terni, luogo scelto per ospitare l’iniziativa organizzata per contribuire a disegnare scenari “Oltre la Restaurazione”.
E gli uomini del partito? Da queste parti si tengono a distanza, per evitare qualche graffiata in tanto sbracciare delle ladydem. C’è chi studia da grillino e si concentra sui costi della politica; chi mantiene il profilo istituzionale finché dura; chi, dopo aver calcato l’erba dei grandi stadi, è tornato a sudare nel campetto della parrocchia.
A proposito di parrocchie: a Umbertide, la candidata a sindaco del Pd, Paola Avorio, annuncia che il discusso centro islamico sarà ridimensionato e che comunque lì non può sorgere una moschea in grado di richiamare fedeli di Maometto da ogni parte del centro Italia. Parole di una donna, ancora una volta. E poco importa che in quel ruolo sia stata messa da due uomini.