All’indomani della grande mobilitazione che ha lanciato Gianpiero Bocci verso la segreteria del Pd umbro, in tanti si chiedevano cosa sarebbe cambiato negli equilibri del partito e nelle amministrazioni a guida centrosinistra. La risposta è: nulla, per il momento.
Ad iniziare dalla Giunta regionale. Se all’indomani della sconfitta di marzo alle politiche la presidente Marini aveva detto che un cambio (la parola “rimpasto“, ha ribadito anche venerdì, è “da fornai“) non era un taboo, allo scoccare dell’ultimo anno pieno di legislatura l’indicazione va in tutt’altra direzione: gli assessori restano tutti al loro posto. Certo, visto che il rimpasto (chiamiamolo così, per comodità) in primavera non c’è stato nonostante i mezzi annunci, le rassicurazioni sulla loro riconferma potrebbero oggi apparire sospette a qualche assessore. Una sorta del renziano “Enrico stai sereno“.
Mesi fa nel mirino c’era il socialista Chianella. Di cui soprattutto Leonelli chiedeva a gran voce la rimozione per punire i socialisti del loro mancato sostegno alla causa del centrosinistra dopo l’esclusione di Rometti (“Rometti chi?” era il senso, anche se con parole diverse, di un sms inviato da Renzi, allora leader supremo, a Perugia). E l’obiettivo, per un Pd che si era improvvisamente ritrovato smagrito e soprattutto solo, era quello di coinvolgere pezzi della “società civile”. Poi, col passare dei mesi, il rapporto con i socialisti è stato recuperato (sancito dalla candidatura di Bacchetta a presidente della Provincia); quanto alla società civile, c’è da capire bene dove, cosa e chi andare a coinvolgere. Meglio lasciare tutto com’è.
Dopo le primarie regionali del Pd, che hanno sancito il compromesso storico Bocci-Marini, ampiamente premiato dal popolo dem (non soltanto per la vittoria su Verini, in larga parte prevedibile, quanto per i numeri della mobilitazione) le ragioni del mantenimento delle posizioni sono altre. La temuta epurazione non sarebbe in linea con i buoni propositi annunciati da Bocci alla vigilia delle primarie. E confermati da segretario: basta liti, perché il centrosinistra vince se è unito. E poi, la rimozione di Paparelli (renziano della prima ora che ha subito abbracciato Zingaretti e, in Umbria, indomito sostenitore di Verini anche contro la ‘sua’ presidente) andrebbe a sollevare la pentola in quel calderone in ebollizione che è Terni. Meglio lasciare stare, per ora.
Così come viene tollerata la linea dell’autonomia scelta dall’ex segretario regionale Leonelli: i calcetti, schivati (come sull’Adisu) o andati a segno (come per la Sase) si possono gestire, vista l’ampiezza della nuova coalizione Bocci-Marini. Con il neo segretario tornato a fare capolino nell’Aula del Consiglio regionale, dove la presidente ha visto passare lisce come mai era accaduto in passato le pratiche del bilancio.
Semmai, Marini guarda oltre i confini regionali. La governatrice umbra è tra gli amministratori che hanno firmato l’appello ai candidati delle primarie nazionali per un Pd che parta “dalle città e dai territori“. Proponendo un partito federale che garantisca ai livelli regionali del partito più autonomia nella gestione “finanziaria” e nella “scelta dei candidati“. Insomma, Marini e Bocci, con il gruppo dirigente del Pd che si sta ridisegnando in Umbria per l’annunciata “gestione collegiale“, vogliono avere le mani libere nella gestione del partito, senza più troppe interferenze romane.