Carlo Ceraso e Sara Cipriani
Il partito democratico di Spoleto è di fatto commissariato. L’ennesima riunione insulsa andata in scena ieri sera ha costretto il fin troppo paziente Giacomo Leonelli, segretario regionale del piddì, ad avocare a sé la situazione e cercare di chiudere così il cerchio sul ‘caso Spoleto’. Per questo si è dato cinque giorni, per scrivere un programma politico e individuare il nome del candidato da sottoporre domenica prossima all’assemblea comunale. Così, a forza di distinguo, indecisioni, veleni e sgambetti, quello che sulla carta è il primo partito della città – in attesa dell’esito delle urne del prossimo maggio – si ritrova incapace di ‘curare’ persino sè stesso. Figurarsi, se queste sono le premesse, i tanti guai che assillano la città. Ma andiamo con ordine per raccontare l’ennesima giornata grigia.
La megalitigata – dopo una mattinata all’insegna delle telefonate incrociate, arriva la convocazione di una segreteria ‘allargata’ che il candidato in pectore, Dante Andrea Rossi, ha preteso per un confronto con le varie anime del partito e per riferire sulle consultazioni. Qualcuno preferisce non invitare al tavolo la renziana Laura Zampa, da sempre accanita sostenitrice delle primarie di partito. La consigliera provinciale non si scompone più di tanto e si presenta all’appuntamento scatenando la rabbia di chi indubbiamente ha sempre più i nervi tesi. Ci vuol un po’ prima che nelle stanze di viale Trento e Trieste ritorni la calma. Rossi dunque illustra i suoi dubbi, quello che non lo portano a sciogliere le riserve e annuncia che di lì a poco, chiederà all’assemblea di discutere e votare sulla ‘discontinuità’ e su alcuni punti programmatici. E’ quanto gli chiedono alcuni alleati ma che una parte dello stesso piddì non approva. Insomma per Rossi non ci sono ancora le condizioni minime per accettare la candidatura. Senza considerare la preoccupazione, questo è quanto trapela, di dover far fronte alle spese per una campagna elettorale che si preannuncia particolarmente impegnativa e dispendiosa se si vuole arrivare alla vittoria.
A porte chiuse – la riunione inizia poco dopo le 21, mentre i membri dell’assemblea prendono posto nella sala conferenze. Non c’è posto invece per i giornalisti, costretti stavolta a rimanere fuori dalla porta. E’ la presidente Fiata a comunicare, a modo suo, la notizia: “se abbiamo deciso di non fare entrare altre persone è perché abbiamo dei problemi”. La frase fa scoppiare l’assemblea in una fragorosa risata, mentre Leonelli si allontana stizzito per qualche minuto. E’ ormai evidente che sarà lui a dover dirimere la situazione, di fatto a ‘commissariare’ il partito. Così Amedeo Marcelli, il dirigente cui molti attribuiscono la colpa di aver trascinato il partito nella palude, ai cronisti che gli chiedono lumi su cosa dirà il regionale risponde così: “mi frega un cazzo di quello che dice Leonelli, qui stiamo a Spoleto, comando io”. Le ultime parole famose, verrebbe da dire, visto che di lì a poco il segretario regionale trancerà in due il partito e in qualche maniera il suo candidato in pectore.
“Non sono indeciso” – sul palco è la volta di Rossi che riferisce di come la coalizione sia per la discontinuità, a partire dai socialisti, e per un progetto nuovo. “Non c’è incertezza da parte mia” dice “ma non tutto il partito condivide la linea della discontinuità, quindi non posso sciogliere la riserva”. Meno male che a qualcuno del piddì il dubbio che dietro quel sostantivo si nasconda altro è venuto. Non si spiegherebbe altrimenti la candidatura di chi, della incriminata ‘continuità’ affibbiata al sindaco Benedetti, ne è stato artefice dapprima come segretario comunale, poi vicesindaco per un anno e mezzo, ancora segretario provinciale. Mischiando così, se le cariche hanno ancora un senso, il ruolo di controllore e controllato. Ma forse, forse, questo altro non è che il ‘gioco’ portato avanti da alcuni alleati, specie i navigati della politica, che giorno dopo giorno riescono nell’intento di logorare il Pd per catturarne una parte di elettorato.
Sul tavolo di Renzi – quando sale sul palco Leonelli la tensione è ormai alle stelle. “Dal discorso che ho sentito mi pare che Rossi ci restituisce le chiavi. Non possiamo dare l’idea che non sappiamo che fare, quindi da questa sera la segreteria regionale avoca a sé la soluzione del problema ‘Spoleto’ che verrà portato all’attenzione del livello regionale e nazionale”. Esordisce così, a quanto si può ascoltare dalla stanza attigua all’assemblea, il regionale che aggiunge: “la nostra intenzione è di rafforzare il partito, dunque entro cinque giorni si lavorerà a un progetto politico e a un candidato da sottoporre al vostro voto” dice rivolto ai 51 membri “se non ci sarà maggioranza allora saranno primarie di coalizione”. All’uscita dai lavori Leonelli confermerà comunque che il nome sul tavolo resta quello di Rossi: “lavoreremo sia al progetto che al candidato, tenendo conto che la scorsa settimana l’assemblea si è espressa quasi all’unanimità indicando Rossi”. In realtà con i 35 voti favorevoli (2 contrari, 1 astenuto, 13 gli assenti) era stato approvato il “mandato di 48 ore” richiesto da Rossi per sciogliere le proprie riserve. Difficilmente domenica prossima, seppur per ragioni diverse, i sostenitori del sindaco Benedetti e quelli della Zampa alzeranno la mano per approvare il “candidato Rossi”. La vera ‘conta’ si farà dunque solo fra cinque giorni. E se non si troverà una stragrande maggioranza, saranno primarie (da farsi nel giro di una settimana, comunque non oltre il 30 marzo). E non è che la prima partita. Perché di lì a 15 giorni bisognerà trovare una quadra anche sui nomi dei candidati al consiglio comunale, che da 30 passeranno a 24.
Pugni alzati – è da poco passata la mezzanotte quando la sala comincia a svuotarsi con i più che non nascondono la loro amarezza per quanto sta accadendo. Scattiamo qualche foto. “E’ riuscito a rottamare una intera classe dirigente” mormora a mezza bocca un consigliere all’indirizzo di Amedeo Marcelli “neanche Renzi sarebbe riuscito in tanto”. In effetti l’anziano dirigente di partito, a colloquio con Roberto Loretoni, scuote nervosamente il capo; probabilmente non può digerire il ‘commissariamento’ del livello superiore. Ma appena si accorge di essere nel mirino della fotocamera, eccolo alzare i pugni al cielo, come in segno di vittoria. L’importante infatti da queste parti, è non ammettere mai di aver sbagliato. E lui non è uno che sbaglia.
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