Cronaca

Passignano, dipendente del Comune indagata “uscivo dall’ufficio per motivi di lavoro”

Parla l’avvocato della dipendente pubblica indagata per le ipotesi di reato di truffa aggravata ai danni dell’Ente, di falsa attestazione della presenza in servizio e anche di truffa informatica. Il legale Alessandro Vesi, sostiene invece che quelle assenze fossero “completamente e strettamente connesse all’attività lavorativa” e che “i giorni indicati nel capo d’imputazione sono quelli relativi al periodo del servizio elettorale quando nello svolgimento dei propri compiti si manifestava la necessità di uscire e rientrare spesso dall’ufficio, anche per recarsi ad acquistare merce presso supermercati, centri commerciali e altri negozi”.  Non solo ma per questi spostamenti riferisce il legale “usava la propria auto personale senza mai richiedere i rimborsi benzina”.

Gli agenti della Municipale hanno seguito (anche con un dispositivo gps) per quarantatré giorni gli spostamenti della donna evidenziando che per ben 26 volte nel mese e mezzo in cui è stata seguita si sarebbe allontanata dal posto di lavoro durante l’orario di lavoro, senza marcare il cartellino, per raggiungere vari centri commerciali della zona. Adesso la donna ha venti giorni di tempo per decidere se presentarsi davanti al magistrato per chiarire la propria posizione.

La vicenda è venuta alla luce dopo che, a fine giugno, alla dipendente pubblica è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini che hanno preso piede dall’attività di “pedinamento” da parte del corpo di polizia municipale intercomunale (Magione, Passignano e Tuoro) sotto il coordinamento del sostituto procuratore Paolo Abbritti, al quale ora l’indagata dovrà decidere se chiedere di essere sentita  per proporre le proprie controdeduzioni alle accuse mosse.

Intanto il sindaco Ermanno Rossi ha spiegato come l’Ente non fosse a conoscenza di alcuno dei fatti contestati né tantomeno dell’indagine in corso e nel registro degli indagati non risulta nessun altro nome altre a quello della dipendente. Al momento non risulta quindi alcun provvedimento disciplinare a carico della donna.  Ma il così detto “decreto fannulloni“, che ha inasprito le sanzioni verso quanti timbrano il cartellino per poi assentarsi dal posto di lavoro, prevede che se il lavoratore è colto in flagranza o registrato dalle videocamere, entro 48 ore scatti la sospensione dal servizio e che il provvedimento parta d’ufficio, mentre finora era rimasto facoltativo. Inoltre è sancito che il superiore che conosce un illecito e non procede, può andare incontro a guai. Certo è che per qualsiasi provvedimento da valutare il Comune deve prima prendere contezza della vicenda, cosa che, ribadiamo, al momento non sarebbe ancora avvenuta.