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PARTITI TUTTI I MIGRANTI ACCOLTI A PERUGIA. A SPOLETO QUALCUNO SCEGLIE DI RESTARE

Sono partiti tutti, nel silenzio dei media che avevano tenuto sotto i riflettori il loro arrivo per almeno un mese. Appena hanno avuto tra le mani documenti e permesso di soggiorno temporaneo, i 34 immigrati provenienti dalla Tunisia, trasferiti a Perugia da Lampedusa, hanno lasciato il centro Caritas della chiesa di San Giovanni del Prugneto e sono partiti alla volta della frontiera con la Francia.

Molti di loro, una volta in possesso dei documenti, si sono rivolti ai punti “money trasfer” per farsi mandare dal loro paese i soldi necessari ad acquistare il biglietto del treno. Altri si sono fatti venire a prendere in auto dalla Francia dai parenti o dagli amici che tentavano di raggiungere.

E' durato davvero poco il soggiorno dei 34 tunisini, molti di loro madrelingua francesi, giunti a Perugia l'11 aprile (leggi): solo cinque giorni dopo, appena la questura ha mandato i documenti necessari all'espatrio, hanno ringraziato gli operatori e si sono messi in viaggio. Sabato scorso sono partiti i primi 23, mentre gli altri ne hanno seguito l'esempio in questi giorni e oggi al Prugneto non c'è più nessuno.

Secondo gli operatori Caritas del centro, “i ragazzi non sono partiti senza una meta precisa”: “Quando abbiamo comunicato ai ragazzi che nel pomeriggio del 15 aprile avrebbero ricevuto i permessi e i documenti dalla questura di Perugia, hanno gioito commuovendo tutti noi. Nei cinque giorni che li abbiamo avuti ospiti avevamo intuito che la loro permanenza a Perugia sarebbe stata breve”. Riccardo Liguori, portavoce diocesano e regionale della Caritas, aveva parlato già nei giorni scorsi dell'Umbria come di una “terra di solo passaggio” per i giovani tunisini, che avrebbero presto tentato di raggiungere la frontiera con la Francia, vera meta dell'esodo (leggi).

MEGLIO LAVORARE CHE PARTIRE – Se a Perugia non è rimasto più nessuno, è andata diversamente a Spoleto, dove nel centro Caritas oltre la metà delle persone arrivate ha deciso di rimanere o comunque di rimandare la partenza. Lo scenario che si respira a Spoleto è quello di una micro comunità che ha trovato un luogo tranquillo dove progettare il proprio immediato futuro.

“Alcuni sono partiti, ma molti erano allarmati dalle notizie che arrivavano dalla frontiera, dove temevano di restare bloccati. Stanno bene qui e nell'incertezza, per ora, hanno preferito restare”, ha detto a TuttOggi.info Valentina Bosi, uno dei mediatori culturali che hanno seguito i 12 ragazzi -tra i 19 e i 30 anni- a Spoleto sin dal loro arrivo. “Chi non sa dove andare magari aspetta anche un giorno in più, perché sentono, percepiscono e vedono che (il comune e la Caritas) si stanno muovendo per dargli qualche opportunità di lavoro”.

“Siamo partiti in cerca di lavoro e tranquillità”, dicono spesso alcuni dei giovani tunisini rimasti a Spoleto, secondo la mediatrice.

CENTRO CARITAS, SPOLETO – Sono in sette adesso al centro Caritas di Spoleto, dove da qualche giorno non si fa che sentire musica rap di cantanti tunisini, proveniente da una televisione nella sala comune della struttura. Uno di loro sta facendo gli ultimi preparativi, domani prenderà il treno per la Francia. Gli altri invece si preparano alla lezione di italiano delle 14 e 30, che il comune e la Caritas hanno organizzato per favorirne l'inserimento.

“Io e il mio amico vogliamo restare qui in Italia e cercare di lavorare qui”, ha detto Jassen, 19 anni, originario di una cittadina al sud della Tunisia. “Io non ho nessun appoggio né in Italia, né in Francia, né da nessun'altra parte. Quindi se trovo lavoro posso restare. Io sono parrucchiere. Conosci qualcuno che cerca un parrucchiere?”, ha detto ancora il giovane migrante, pieno di entusiasmo.

Jassen racconta il lungo viaggio che lo ha portato da una località nei pressi di Djerba alle coste di Lampedusa, condiviso per 18 ore su un barcone insieme ad altre 180 persone. Il viaggio -costato ad ognuno 2 mila dinari (circa mille euro)- è durato così tante ore perché l'imbarcazione, per raggiungere l'Italia, ha dovuto fare un itinerario più lungo, passando davanti alle coste libiche, per evitare i controlli sulle principali tratte via mare.

INTEGRARSI O PARTIRE – I sette tunisini a Spoleto iniziano a parlare qualche parola di italiano e ci tengono a sottolineare la disponibilità di chi li ha accolti e li sta aiutando ad inserirsi e a trovare lavoro nelle rispettive professioni. Oltre a Jassen, gli altri sono tutti in grado di lavorare, salvo l'ostacolo dato dalla scarsa conoscenza della lingua: c'è chi in Tunisia era benzinaio, chi fabbro, chi muratore e chi autista. Alcuni di loro non sanno ancora se restare o partire, e in questo caso per quale meta, se in Francia o in Italia. C'è anche chi pensa di tornare in Tunisia, di fronte ad una situazione lavorativa non troppo incoraggiante, e chi pensa ad andare in qualche città del nord, come Parma o Reggio Emilia, solo perché le ha sentite nominare.

Intanto, con un occhio agli sviluppi sulle condizioni alla frontiera francese e uno alle lezioni di italiano, i sette attendono con fermento l'8 maggio, quando il delegato del comune Paolo Risoldi ha promesso loro di organizzare una partita di calcetto nei campi di Santa Rita.

Francesco de Augustinis

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