Partite Iva, la selezione è iniziata ben prima dell’emergenza Coronavirus. In dieci anni, dal 2008 al 2018, in Umbria ne sono sparite 11 mila. Il “grande inverno” delle partite Iva emerge in Umbria emerge in tutta la sua gravità dal Rapporto Mediacom043 (agenzia di big data diretta da Giuseppe Castellini) sull’andamento del reddito reale attraverso l’elaborazione delle dichiarazioni dei redditi Irpef presentate dalle partite Iva nel 2009 e nel 2019 (riferite all’anno di imposta precedente, quindi 2008 e 2018).
Dal 2009 al 2019 il numero delle partite Iva che ha presentato dichiarazione dei redditi in Umbria è sceso da 59mila 594 a 48mila 510 (-11mila 084), con una contrazione del 18,6%, rispetto a una media nazionale di -18,1%.
Il confronto tra le dichiarazioni dei redditi dei vari contribuenti dimostra come in questi dieci anni il prezzo pagato alla crisi dalle partite Iva umbre sia stato più alto della media regionale. Con il loro reddito complessivo che, in termini reali, è sceso – tra le dichiarazioni dei redditi 2009 e quelle del 2019 – del 16,2%%, rispetto al -2,5%% di quello di tutti i contribuenti umbri.
Una differenza a sfavore delle partite Ive dell’Umbria di ben 13,7 punti percentuali, molto più alta di quella che si registra a livello medio nazionale, dove – in termini di caduta del reddito complessivo Irpef delle partite Iva in confronto con l’andamento medio di tutti i contribuenti – la penalizzazione dei lavoratori autonomi è di 8,49 punti percentuali.
E le partite Iva dell’Umbria sono tra i fanalini di coda tra le regioni anche per quanto riguarda l’andamento del reddito medio tra le dichiarazioni dei redditi 2009 e quelle 2019.
Nel decennio le partite Iva umbre presentano una contrazione del reddito complessivo di 268,459 milioni di euro, passando da oltre 1,652 miliardi di euro dichiarati nel 2009 a 1,384 miliardi dichiarati nelle dichiarazioni 2019. La flessione è del 16,2%, nettamente superiore alla media nazionale (-9,4%) e la seconda peggiore del Centro-Nord dopo quella della Valle d’Aosta (-18%).
Il quadro umbro, ed è qui la notizia più preoccupante, è molto diverso da quello italiano se si guarda all’andamento del reddito medio delle Partite Iva finora sopravvissute alla selezione.
In Italia, il fatto che tra le dichiarazioni dei redditi Irpef 2009 e quelle 2019 il numero delle Partite Iva sia sceso del 18,1% e quello del loro reddito complessivo del 9,4%, determina che il reddito medio delle partite Iva sopravvissute sia aumentato del 10,5%. In termini reali, nel 2008 in media una partita Iva italiana presentava un reddito 28mila 830 euro lordi l’anno, mentre nel 2019 tale valore sale a 31mila 850 euro.
Questa dinamica esiste anche in Umbria, ma molto più affievolita. Nella regione, infatti, il numero delle partite Iva è crollato del 18,6% e il reddito complessivo del 16,2%. Ne consegue che il reddito medio delle partite Iva sopravvissute in Umbria è cresciuto nel decennio solo del 2,9%, oltre 3,6 volte meno della media nazionale. Si tratta del dato peggiore d’Italia. In termini reali il loro reddito Irpef medio è aumentato da 27mila 730 euro nelle dichiarazioni 2009 a 28mila 530 euro del 2019.
“La selezione darwiniana in Umbria – si legge nelle conclusione del Rapporto Mediacom043 – è stata più forte che nella media nazionale, ma ha prodotto un irrobustimento economico delle partite Iva sopravvissute molto più limitato di quanto non sia avvenuto a livello italiano. In altre parole, in termini di confronto con il quadro italiano le partite Iva dell’Umbria sono più fragili di quanto non lo fossero dieci anni fa. E questo pone seri rischi di tenuta per il futuro. Perché la loro fragilità le esporrà, in caso di periodi di quadro economico avverso, a cadute del loro numero e del reddito complessivo assai più forte di quanto non avverrebbe nella media nazionale”.