C’è un cuore rosso e blu che batte nel cuore di Passignano. E’ quello del Rione San Donato che con tenacia s’è preso il Palio del 2016. La coppia di rematori Roberto Baffetti, Rodolfo Sessa con la portabandiera Giulia Cozzari ha consegnato la vittoria ai “Gobbi” in una gara di quelle che entrano di diritto nella storia. Vento contrario, onde alte, il fiato sul collo dell’equipaggio da battere (quello che da anni ormai sembrava indomabile del Rione Centro Due), questa la sfida per non farsi togliere il primato dei 13 pali vinti e delle cinque vittorie consecutive dalla nascita della manifestazione. “Onore a chi ha vinto – le parole del sindaco di Passignano Ermanno Rossi – il Palio è una bella manifestazione sportiva ed un evento ricco di storia, di attrattiva e di occasioni anche gastronomiche che valorizzano il territorio. E’ stata un’edizione formidabile il vero vincitore è sempre il paese intero”.
San Donato non ha vinto, ha stravinto, in condizioni climatiche estreme, con 35 gradi e il vento forte di scirocco Roberto e Rodolfo hanno compiuto un miracolo sotto il profilo della prestazione fisica e diventano così i due eroi che hanno impedito al proprio Rione di essere battuto nella supremazia dell’albo d’oro. Gladiatori o Iron Man, decidete voi di certo a chi diceva che in questa coppia ci fosse il futuro, hanno dimostrato che c’è anche il presente. Voto 10. Voto 10 anche al capitano Alessandro Castellani che ha saputo riportare motivazione ad un gruppo da troppo tempo digiuno di soddisfazioni riattivando meccanismi psicologici non di poco conto.
Centro Due è arrivato secondo, della serie “non si può vincere sempre”, ma la prestazione è stata straordinaria per Daniele Giappichelli, Alessandro Bigerna ed Elena Rossi. Di questa squadra va sottolineata l’impressionante rimonta sul percorso a terra, la ormai consueta capacità di coesione di quella che si definisce “la Famiglia” e la creatività. Voto 9 e ½. Li lasciamo con poche righe come si fa con i primi della classe.
Centro Storico, terza posizione per la squalifica del Rione Oliveto (vedi seguito). Rematori giovanissimi (Lorenzo Vaiani e Andrea Biagini con la porta bandiera Sofia Ballerini) e con poca esperienza ma un gruppo forte che merita tanto incoraggiamento. Ottimo il lavoro di taverna dove si sono portate a tavola vere eccellenze della cucina locale (da premiare la scelta della carpa regina in porchetta e dei taglierini alle uova di carpa, pesce rappresentativo del Rione stesso). Menzione speciale per il quadro storico, grazie alle eccellenze umane che esprime il Rione. Voto 7 di spinta.
Oliveto, squalificato per aver saltato la boa nel tratto finale in acqua si aggiudica la quarta posizione. Qui un ragionamento a parte. Voto 8 ai due rematori Emanuele Fierloni ed Enrico Cappelletti che dopo 11 anni sono tornati a remare, coraggiosi e stoici, hanno però commesso un errore che data l’esperienza non ci si attendeva. Voto 4 alla deludente capacità del Rione di esprimere un senso di crescita e rinnovamento in acqua. Altre squadre hanno dimostrato di saper investire nelle nuove leve, qui qualcosa manca. Voto 11 al quadro storico con la rappresentazione della “Battaglia dei sassi” e voto 8 alla taverna che si conferma un regno delle cose buone.
Lancio della sfida, da analizzare con attenzione per orientarne il futuro. L’evento viene presentato al pubblico come spettacolo storico in realtà si presenta qualcos’altro. Un continuo aumento di fumi e “raggi laser” da parte dei Rioni che entrano in piazza manca di collegamento con l’aspetto della rappresentazione. Forse i due momenti (quello goliardico dei Rioni e quello “storico” andrebbero distinti, sempre che si desideri far comprendere la manifestazione anche a chi viene da fuori) e l’impegno verso gli aspetti qualitativi (dei testi e delle rappresentazioni) dovrebbe essere maggiore o partire un po’ prima. Merita un voto 8 il banditore del Centro Due Matteo Conti che ha recitato a memoria (credo senza precedenti) tutta la sua sfida. Un “Geppo” stellare per l’Oliveto, non scende mai sotto l’8 e la lode su tutto se la porta a casa per il ricordo di Andrea (perchè il Palio non dimentica mai gli amici che non ci sono più). Gli altri due Rioni si portano comunque a casa la più che sufficienza.
Incendio del Castello e fuochi finali. I due spettacoli pirotecnici sono un po’ l’alfa e l’omega della manifestazione. Si apre e si chiude con quelli. Un sipario in cielo che saluta l’arrivo e la fine della festa. Non se ne potrebbe immaginare un’edizione priva. Il primo, per il numero di spettatori sempre crescente inizia ad avere qualche problema di spazi, il secondo quest’anno è stato caratterizzato dal vento. Poco male, è sempre tutto meraviglioso. Nasi all’insù, cori di acclamazione e gente assiepata ovunque. Senza voto.
Ente Palio e Cup. Un 8 per l’impegno colossale di quesi soggetti (citiamo su tutti Marzia Ragnoni), che per giorni forse nemmeno dormono e nemmeno mangiano, per mettere in piedi tutto quello che vediamo. Non lasciamoli soli. Un Palio per crescere ha bisogno di persone e non si può immaginare che in pochi da soli possano fare i miracoli. Più coesione, più supporto anche da parte delle associazioni.
Taverne, la scommessa. Voto 3 al tendone sotto il profilo estetico, voto 10 per la funzionalità che ha salvato diverse serate dalla pioggia. Possibile immaginare soluzioni diverse? E se si provasse una cena con lo sfondo del lago? La struttura inutile rimarcarlo ci sarebbe al Pidocchietto. Il mercatino potrebbe così sfilare per tutta la strada principale e non concentrarsi solo nei soliti punti. Del resto se una cosa è certa è che chiudere la strada a Passignano significa riempire di presenze il paese e allora sfruttiamola tutta questa passeggiata di una bellezza ineguagliabile.
Raccontare un Palio delle Barche non è mai facile, neanche per chi scrive e in 33 edizioni non se ne è persa nemmeno una. C’è un’alchimia che combina così tanti fattori da rendere il tema una questione da addetti ai lavori. E gli addetti ai lavori in questo caso sono i 60 portatori di ognuno dei 4 rioni (Olvieto, Centro Due, Centro Storico e San Donato), i quattro equipaggi d’acqua, i presidenti, i capitani, i figuranti dei corteggi, le ragazze della corsa delle brocche, le truppe “armate” delle cucine, l’Ente Palio, il Cup, la giuria, il servizio di sicurezza, la macchina dell’amministrazione comunale. Insomma la quasi totalità degli iscritti all’anagrafe di Passignano sul Trasimeno.
Un esercito. Pronto a marciare verso l’evento che in qualche modo definisce l’essenza stessa dell’essere passignanese. Non è troppo e non è poco definirlo così. Perchè questo comporta onori ed oneri. Per sentire quella pelle d’oca che si spande in un brivido del corpo al suono di “sono partiti”, non è sufficiente né necessario indossare una maglietta colorata. E’ questione di dna, che attiva un tassello di elica al rollio dei tamburi. Ma per arrivare a questo si passa in una settimana “catartica” di preparazione all’evento e qui ci sono le serate dei 240 ragazzi, le cene, le feste e le bandiere. La preparazione atletica, le prove, le remate in pieno invero, il sudore, i dolori muscolari, le scalette del castello (85 gradini con poco meno di 100 chili in spalla), organizzare tutto e far funzionare tutto. Ci vuole impegno e ci vogliono le persone. Per questo la collaborazione generazionale è unica garanzia di crescita e futuro.
(Si ringraziano per il prezioso contributo Riccardo Lestini e Stefano Baldoncini)