Perugia

Coronavirus, i dipendenti dell’ospedale: misurare febbre a chi entra e ridurre ricoveri e ambulatori

Tutelare ancor più i dipendenti dai rischi di contagio del virus Covid-19. È quanto la Rappresentanza sindacale unitaria (Rsu) dell’Azienda ospedaliera di Perugia, per bocca del suo coordinatore Claudio Capanni, chiede alla Direzione della struttura.

Nel dettaglio, i lavoratori chiedono “la sospensione dei ricoveri programmati, delle prestazioni ambulatoriali e diagnostico-strumentali differibili e la sospensione totale dell’attività libero professionale intramoenia, così come stabilito con l’Ordinanza della presidente della Giunta regionale dell’Umbria del 26 febbraio 2020; che vengano adottate, a integrazione di quanto già predisposto e comunicato dalla Direzione a tutti i dipendenti, la tempestiva sanificazione degli uffici, la distribuzione continua al personale dei presidi previsti (mascherine, guanti monouso, disinfettanti a parete nei corridoi e da scrivani nelle sale d’attesa dell’area amministrativa), l’individuazione, all’interno delle aree di attesa comuni e all’interno degli uffici stessi, di aree di rispetto, percorsi e tutto ciò in grado di assicurare il pieno rispetto della distanza di sicurezza; di attivarsi tempestivamente affinché ciascuna Direzione presenti un piano ferie che consenta la fruizione a turnazione delle stesse, da parte dei dipendenti, con lo scopo di limitare al minimo indispensabile la coesistenza nello stesso ufficio di più persone, assicurando comunque la funzionalità del servizio; di attivare forme lavorative agili (smart working) come previsto dal Dpcm dell’11 marzo 2020”.

Nella lettera inviata ai vertici dell’Azienda ospedaliera di Perugia, il coordinatore della Rsu Claudio Capanni chiede anche di “limitare gli accessi in ospedale attraverso un unico ingresso, con monitoraggio dei flussi in entrata. Gli ingressi, al di là del triage già adottato verso il paziente sospetto, devono essere subordinati, come già avviene da tempo nelle aree aeroportuali, alla verifica dell’assenza di febbre o di altri indicatori di potenziali patologie del virus che, in caso di sussistenza, determinerebbero l’adozione di percorsi dedicati, così da prevenire il diffondersi incontrollato della patologia sospetta come purtroppo, in assenza di queste misure, al momento potrebbe verificarsi”.

In mancanza di risposte – conclude Capanni, auspicando il pieno accoglimento di quanto richiesto dalla Rsu –, a tutela della salute dei lavoratori, ci sentiamo legittimati ad agire ai sensi di legge, secondo la normativa vigente in materia di responsabilità del datore di lavoro”.