Jac. Bru.
Il consiglio comunale aperto di ieri non ha sciolto tutte le riserve sul futuro dell’ospedale di Spoleto, ma ha chiarito che la contrazione delle risorse finanziarie imposta dalla spending review costringerà ad una riorganizzazione generale della rete ospedaliera regionale, e più nello specifico all’integrazione dei servizi tra i vari presidi, San Matteo degli infermi incluso. E’ stato chiarissimo il direttore regionale alla salute e coesione sociale Emilio Duca, che ha parlato per quasi un’ora sciorinando numeri impietosi.
Numeri che difficilmente placheranno la sete di rassicurazioni dei vari comitati e associazioni cittadine che ieri affollavano la sala consiliare, ma a cui la sanità regionale deve per forza adeguarsi per sopravvivere mantenendo un certo standard qualitativo dei servizi. “O si riorganizza il sistema per ottimizzare i servizi sul territorio ottenendo risparmi con cui far fronte ai tagli, oppure saremo costretti a mettere le mani nelle tasche degli umbri”, ha detto a chiare lettere l’assessore alla sanità Franco Tomassoni. La sfida da vincere, dunque, è quella del mantenimento della qualità dei servizi, non quella della difesa localistica dei presidi sanitari. Un concetto difficile da far digerire ai rappresentanti delle associazioni, giustamente preoccupati che la possibile integrazione con l’ospedale di Foligno non rispetti i canoni dell’equità della distribuzione di risorse e servizi.
Come nel caso dell’emergenza-urgenza, portata già nei giorni scorsi dallo Spoleto City Forum all’attenzione della governatrice della Regione Umbria Catiuscia Marini e dello stesso assessore Tomassoni. La prossima riforma regionale prevede 4 dipartimenti: Perugia, Terni, Branca-Città di Castello e Spoleto-Foligno. Ma, stando all’intervento del consigliere Gianmarco Profili (Gruppo Misto), il documento della Regione Umbria sottolineerebbe che i DEA (appunto, i Dipartimenti di Emergenza e Accettazione) potrebbero si essere articolati su più sedi, ma dovrebbero comunque mantenere tutte le attrezzature necessarie in un singolo presidio ospedaliero. Un aspetto che, se confermato, darebbe adito a più di un dubbio sull’integrazione di tale servizio tra Spoleto e Foligno. Si parla poi di punti nascita. “In Umbria ce ne sono 11, per una media di 8200 nati l’anno – ha detto il dottor Duca – e in 6 ospedali nascono meno di 500 bambini. La chiusura di 3 punti nascita entro il 2013 è il minimo della pena”. Parole che non lasciano completamente al sicuro Spoleto che negli ultimi anni ha registrato una flessione nel numero dei nati, a cui però, vale la pena dirlo, ha contribuito il periodo di “transizione” tra il pensionamento del dottor Martinez e l’arrivo di Damiani.
Anche il sindaco Benedetti si è detto “seriamente preoccupato, perché il sistema sanitario regionale non tiene più”. L’auspicio del primo cittadino, che in qualche modo ha fatto proprie le istanza del City Forum, è che “l’integrazione sia vera e non unidirezionale. Spoleto e gli altri Comuni sono disposti a fare ognuno un passo indietro per poterne fare, tutti insieme, uno in avanti – ha concluso il primo cittadino – ma solo verremo trattati con pari dignità”.