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Ospedale di Perugia, gli alleati di Emanuele contro la Sindrome di Cowden

Quello che colpisce, incontrando Emanuele, è il suo modo pacato di raccontare la propria storia. Senza mai lasciarsi andare, anche solo con lo sguardo, a espressioni che possano suscitare qualche forma di pietismo o trasmettere rabbia o sconforto per le prove a cui la vita ha chiamato lui e i suoi genitori. Una vita che Emanuele Scrivano, 28 anni, ha scelto invece di raccontare, perché serva a dare una speranza a chi si trova a lottare contro la malattia. Oltre che per ringraziare le persone che hanno contribuito a dare sostanza e a rinnovarla questa speranza, anche nei momenti più difficili.

L’infanzia passata tra gli ospedali

A cominciare dalla mamma e dal papà. Quando sono poco più che ventenni, alla gioia per la nascita di un figlio si unisce l’apprensione nello scoprire che quel bimbo è affetto da idrocefalia, cioè ha la testa più grande del normale.

Si rivolgono al “Gemelli” di Roma, dove a Emanuele viene diagnosticata una rara sindrome del cervelletto, la Arnlod Chiari di tipo 1: in pratica, le tonsille comprimono le meningi e questo, con il progredire della malattia, peggiora i sintomi del bambino, provocando ritardi mentali, difetti di deambulazione ed altre gravissime disfunzioni.

Emanuele trascorre la sua infanzia tra continui controlli, per monitorare l’andamento della malattia che gli è stata diagnosticata. E si deve sottoporre a diversi interventi chirurgici. A seguito di uno di questi esami, all’età di 16 anni, gli viene diagnosticato un tumore alla tiroide. Due noduli, che gli vengono asportati.

Svegliarsi e trovare il proprio corpo diverso

Trascorre poco più di un anno ed Emanuele è costretto a superare un’altra durissima prova. Questa volta, gli effetti della malattia che lo affligge li vede lui stesso, sul suo corpo improvvisamente mutato. “Una mattina – racconta – mi sono svegliato con una protuberanza sul collo e una sorta di gobba sulla schiena”.

Un colpo durissimo anche per un ragazzo purtroppo abituato sin da piccolo a girare per gli ospedali. Ma ora Emanuele è un adolescente, con tutte le aspirazioni e le fragilità che sono proprie di quell’età.

Con la famiglia si rivolge a vari specialisti per comprendere la natura di quelle che poi scoprirà essere malformazioni arterovenose. Nessuno riesce a dare una risposta certa.

Fino a quando la famiglia Scrivano viene indirizzata a Cremona, dove era presente un angiologo francese, il professor Claude Franceschi. Dal quale, finalmente, arriva una prima buona – date le circostanze – notizia: Emanuele deve essere monitorato, ma si interverrà solo in caso di estrema necessità.

La scelta del chirurgo da cui farsi operare

Superata la pandemia, Emanuele, che nel frattempo si è trasferito a Milano per studiare chitarra elettrica al Conservatorio, decide di riprendere l’iter per operarsi. “Volevo essere normale”, spiega. Ma l’intervento alla giugulare è più urgente di quello alla schiena, perché può avere conseguenze irreparabili per il cuore.

Il professor Franceschi verifica chi possa operare: l’intervento è infatti rischioso, vista la malformazione sulla giugulare.

Ad Emanuele vengono quindi prospettate due opzioni: affidare l’intervento al dottor Mohammed Hamam, responsabile del reparto di Neuradiologia interventistica dell’Ospedale di Perugia, o il professor Claude Laurian di Parigi.

“Andai prima da Hamam – racconta Emanuele – e la sua umanità e professionalità mi colpì molto. Ero molto spaventato, data la situazione, ma con lui ero e sono sempre stato tranquillo. Ringrazio comunque Laurien, anche se non lo ho mai conosciuto – aggiunge – perché è stato lui che, vedendo la mia storia clinica, ha ipotizzato la diagnosi di Sindrome di Cowden e mi ha suggerito di fare il test risultato poi positivo”.

La Sindrome di Cowden

Emanuele, è infatti l’ultima diagnosi, è affetto da Sindrome di Cowden. Una mutazione del gene pten, responsabile del controllo riproduttivo delle cellule.

Emanuele la spiega con una similitudine: “Immagina che il Dna sia un’azienda di impiegati stacanovisti, i quali ogni giorno si occupano di trasmettere al cervello le informazioni necessarie al controllo riproduttivo delle cellule. Adesso immagina che tra tutti questi impiegati ce ne sia uno che non è portato per questo lavoro e che ogni tanto sbagli a trasmettere le informazioni. Il risultato è che da una cellula che nasce per sostituirne una magari ne nascono due… E cosi via, fino alla creazioni di tumori in giro per il corpo”.

Un “impiegato” responsabile di molte anomalie nel corpo di Emanuele, tra cui anche un tumore al cervello, il tumore di Ihermitte Duclois, di cui si contano pochissimi casi al mondo, scoperto dopo due tac effettuate all’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano. Tumori a cui si aggiungono malformazioni vascolari.

L’ultimo intervento chirurgico

Lo scorso autunno, dopo aver atteso a lungo, Emanuele si è sottoposto a un intervento chirurgico all’Ospedale di Perugia, eseguito dal dottor Hamam e dal suo staff. Consulente in sala il prof. Alfredo Casasco, suo maestro ed un dei massimo esperti mondiali per questo tipo di interventi. Hamam ha chiesto il suo ausilio, proprio per avere una ulteriore garanzia a tutela di Emanuele.

E l’intervento è riuscito. Non risolutivo, ma ha consentito di mettere il cuore in sicurezza.

Emanuele, ancora una volta, si è sentito coccolato, (“un ospite e non un paziente”) dal personale del reparto di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale di Perugia. “Ormai – dice parlando di chi lavora in quel reparto – sono un po’ come la mia seconda famiglia”.

Una storia per aiutare altri

Emanuele sa che il suo percorso non è ancora terminato. E che “quell’impiegato inefficiente” potrebbe in futuro combinare qualche altro guaio nel suo corpo, costringendolo a sottoporsi ancora a terapie e interventi chirurgici.

Una sfida che ora affronta con maggior fiducia, perché ha trovato nello staff del dottor Hamam e di tutto il reparto di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale di Perugia un alleato fondamentale, che aiuterà il suo corpo ad affrontare ogni prova, ma anche il suo spirito. Un aiuto trovato in Umbria, la sua regione. Pur all’interno di un Sistema sanitario nazionale che, accanto a queste eccellenze che offre ai pazienti, spesso ha tempi di risposta ancora troppo lunghi ed altre criticità.

Ma anche in questo caso, Emanuele pensa positivo. E con il sorriso, al termine del suo racconto, spiega perché ha accettato di raccontare la sua storia: “Mi piacerebbe che qualcuno ne fosse aiutato”.