Il 3 luglio scorso, Sua Altezza Reale il Granduca Enrico di Lussemburgo ha visitato, in forma privata, la mostra “Le lieu céleste. Les Etrusques et leurs Dieux. Le Sanctuaire fédéral d’Orvieto”, in corso di svolgimento dal 15 marzo scorso al Musèe National d’Histoire et d’Art a Lussemburgo. Lo riferisce una nota del Palazzo granducale e del MNHA.
Sua Altezza Reale il Granduca Enrico di Lussemburgo è stato accompagnato dall’Ambasciatrice italiana in Lussemburgo, Dott.ssa Rossella Franchini Sherifis e dal direttore del MNHA, Mr. Michel Polfer.
Come è noto, la mostra sui risultati degli scavi di Campo della Fiera alle pendici della Rupe di Orvieto, area sacra riconosciuta come il Fanum Voltumnae, il santuario federale degli Etruschi, è curata dalla Prof.ssa Simonetta Stopponi, direttore scientifico delle campagne archeologiche ed è organizzata dall’Associazione “Campo della Fiera – Onlus”, in stretta collaborazione con: Ambasciata d’Italia in Lussemburgo, Musée National d’Histoire et d’Art – Luxembourg, MiBACT, Regione Umbria, Comune di Orvieto, Camera di Commercio Italo-Lussemburghese, Fondation Cavour, Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici, Fondazione per il Museo “Claudio Faina” di Orvieto, Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, Cargolud, Generali, Cassa di Risparmio di Orvieto e gode dell’Alto Patronato di Sua Altezza Reale il Granduca di Lussemburgo e del Presidente della Repubblica Italiana.
Una mostra unica che, attraverso strutture archeologiche e circa 1300 reperti (statuette, terracotte, rilievi, ceramiche) frutto di 18 anni di scavi, invita i visitatori ad immergersi nell’universo culturale, religioso ed estetico del popolo etrusco, è stata molto apprezzata da Sua Altezza Reale il Granduca di Lussemburgo.
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Visitabile fino al 2 settembre prossimo al Musèe National d’Histoire et d’Art, la mostra ricostruisce in diciassette sezioni, secondo un rigoroso percorso articolato in ordine cronologico, il ruolo politico e il significato religioso del santuario nel corso della storia, mettendo in luce il compito straordinario rivestito dal Fanum Voltumnae il santuario federale dedicato al dio Veltune (Voltumna o Vertumnus per i Romani) dove si riunivano i rappresentanti delle dodici maggiori città etrusche per assumere importanti decisioni comuni, e denominato Luogo Celeste in lingua etrusca, come testimoniato da un’epigrafe dedicatoria alla fine del VI secolo a.C. rinvenuta nel corso degli scavi che si svolgono su concessione ministeriale con il sostegno finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto.
L’indagine archeologica riguarda infatti un vasto periodo storico, dal VI sec. a.C. al XIV, cioè dal santuario etrusco alla chiesa di San Pietro “in vetere”. Il “Fanum Voltumnae”, influente dal VI al IV sec.a.C., dopo la prevalenza di Roma nel III sec.a.C., riuscì a mantenere vitalità in età romana repubblicana e imperiale. Trasformatosi successivamente in luogo di culto cristiano, in epoca medievale fu anche “campus nundinarum”, adibito allo svolgimento di mercati stagionali.
Una base lapidea di statua bronzea, rapinata dai conquistatori romani, accompagna il visitatore nel cuore della mostra. Incisa sulla base, una lunga iscrizione in lingua etrusca databile al 510 a.C. ha rivelato il nome con cui gli Etruschi chiamavano il santuario, definito appunto “Luogo Celeste”. Il percorso prende avvio dal periodo di maggiore fioritura, fra VI e IV sec. a.C., con un’ampia selezione di reperti di eccezionale qualità tra cui un braccio di grandi dimensioni appartenente a una statua di culto, teste femminili in terracotta e preziosi vasi greci.
In un’importante sezione dedicata alla Via Sacra, vengono mostrati altari, frammenti marmorei greci e terrecotte architettoniche. Numerose basi in pietra documentano quanto ricordato da Plinio: il saccheggio di oltre duemila statue di bronzo da parte dei Romani al momento della presa della città e ulteriori materiali attestano la continuità di culto non solo in epoca romana, ma anche in età cristiana con testimonianze di quella che è stata riconosciuta come la Chiesa di San Pietro in Vetere, eretta fra XII e XIII secolo.
L’ultimo documento che menziona la Chiesa risale al 1350, data che coincide con la deposizione multipla di vittime della peste nera del 1348. In seguito, il sito continuò ad essere sede di mercati e proprio a ciò si deve l’attuale toponimo Campo della Fiera.
Completa la mostra, l’esposizione di numerose monete rinvenute negli scavi che narrano più di 2000 anni di storia, dai bronzi premonetali di V sec. a.C. ai 10 centesimi di Vittorio Emanuele III.