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Operazione Black Wood / Sequestrato pellet contraffatto

Erano contraffati: per questo sono stati sequestrati circa 200.000 chili di pellet, corrispondenti a 15.000 sacchi su cui erano stati apposti noti marchi di qualità, in violazione delle norme del codice penale poste a tutela del marchio di fabbrica. Sono inoltre stati ritirati dal mercato altri 4.000 sacchi di pellet per violazione delle norme del Codice del Consumo – in quanto privi delle informazioni minime al consumatore – e circa 165.000 sacchi vuoti pronti per essere utilizzati per il confezionamento, recanti l’indicazione di varie tipologie di pellet con loghi contraffatti, per una valore complessivo di oltre € 100.000.
Questo il bilancio di un’operazione di polizia economica e finanziaria condotta congiuntamente dai finanzieri della Compagnia di Perugia e della Tenenza di Gubbio, a Perugia e sull’intero territorio nazionale nei confronti di un’azienda del perugino con punto vendita anche nell’eugubino al cui esito è stato accertato il confezionamento e vendita di pellet per uso domestico, importato da paesi dell’Est Europa, in sacchi sui quali erano stati apposti noti loghi contraffatti relativi a marchi di certificazione di qualità molto prestigiosi e conosciuti a livello europeo, la cui apposizione costituisce per il consumatore garanzia di qualità e sicurezza del prodotto.
La peculiarietà del settore interessato e la riscontrata latitudine del fenomeno, in uno alla preventiva analisi chimico/qualitativa del prodotto sequestrato che non evidenziava contenuti di metalli o altri elementi dannosi per la salute, hanno indotto i Finanzieri ad estendere gli accertamenti all’intero territorio nazionale coinvolgendo circa 150 clienti/fornitori della società perugina e 79 reparti del Corpo operanti in 14 Regioni italiane.

Al riguardo la Guardia di Finanza rende noto che in Europa ed in particolare in Germania, opera un sistema di certificazione che rappresenta un indiscutibile punto di riferimento per i consumatori europei di pellet, ivi compresi quelli italiani, i cui diritti di licenza, di risonanza internazionale, tutelati in Germania ed in altri paesi sono di proprietà di un istituto tedesco che ne rilascia l’uso solo a seguito di rigorose prove di laboratorio a cui vengono sottoposti periodicamente i campioni di pellet prelevati dalle aziende che intendono avvalersi di tali attestazioni di qualità.
L’istituto accreditato, al superamento dei tests di laboratorio, rilascia ai produttori o distributori che ne abbiano fatto richiesta, un certificato che attesta la qualità del prodotto e, con esso, l’autorizzazione ad utilizzare il marchio che deve essere obbligatoriamente accompagnato dal numero identificativo del certificato in parola. Tale marchio e codice unico di autorizzazione è per il comune consumatore garanzia di qualità e sicurezza del prodotto utilizzato a fini di riscaldamento.
Nel caso accertato dai finanzieri di Perugia e Gubbio invece tale marchio veniva fraudolentemente utilizzato dal commerciante umbro che lo apponeva senza che il pellet da lui commercializzato fosse stato sottoposto ad alcun esame di laboratorio e dunque senza alcuna autorizzazione ad apporlo e con un numero di certificazione fittizio. In tal modo il consumatore veniva tratto in inganno circa l’origine e qualità del pellet che acquistava ad un prezzo maggiorato proprio in ragione dell’indebita apposizione del marchio di qualità.
Per tali condotte, il commerciante perugino è stato segnalato alla Procura della Repubblica di Perugia per le ipotesi di reato previste dagli artt. 473 ( Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali), 474 (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi), 515 (frode nell’esercizio del commercio) e 517 ( Vendita di prodotti industriali con segni mendaci) del codice penale mentre per quanto riguarda l’omessa indicazione delle informazioni minime
dovute al consumatore (luogo di origine del prodotto/denominazione della società importatrice etc.) è stata comminata una sanzione amministrativa pecuniaria per € 1.032 per violazione dell’art. 6 del Codice del Consumo.

Infine, propria a conferma della trasversalità dell’azione della Guardia di Finanza quale attore di polizia economica e finanziaria a competenza generale, per effetto dei conseguenti accertamenti a carattere fiscale veniva accertato nei confronti della società l’impiego di un lavoratore totalmente in nero, con riferimento al quale la società è stata sanzionata per la violazione di cui all’art. 3 comma 3 del D.L. 12/2002 con applicazione della relativa maxisanzione, omessi versamenti dell’IVA per circa € 300.000, costi non deducibili per circa € 100.000, IRES non versata per circa € 10.000, IRAP non versata per circa € 5.000 e ritenute non operate/non versate per circa € 31.000.
Il legale rappresentante della società è stato quindi segnalato anche per la violazione dell’’art. 10 ter del D.lgs. 74/2000 per avere omesso il versamento dell’IVA dovuta.

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