Gli agenti della Questura di Terni hanno condotto a termine una importante operazione antidroga denominata “Ares”. Le indagini relative hanno avuto origine circa due mesi fa, quando una giovane mamma, preoccupata dello strano cambiamento del figlio adolescente, si è presentata negli uffici della Questura di Terni.
La signora ha raccontato agli agenti del notevole calo di rendimento scolastico del ragazzo, rendimento che era sempre stato ottimo. In un primo momento l’aveva impuntato all’età, ma con il passare del tempo il giovane aveva evidenziato anche un diverso atteggiamento, sia nei confronti dei genitori, che degli amici abituali.
Immediata la risposta della Polizia, che – anche grazie ad alcune indicazioni della donna – ha avviato una serrata attività di indagine, che è stata da subito indirizzata ad una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine: un nigeriano di 33 anni, da tempo presente sul territorio nazionale insieme a tutta la sua famiglia, con una fiorente attività imprenditoriale finalizzata allo spaccio su grande scala di cocaina ed eroina, con un giro d’affari stimato intorno ai 70-80mila euro a settimana.
Il nigeriano, nonostante l’arresto del 30 settembre scorso, da parte della Squadra Antidroga, ha continuato l’attività, senza un momento di pausa, se si fa eccezione per il periodo successivo alla misura, quando per alcuni giorni a Terni è risultato estremamente difficile trovare sul mercato eroina o cocaina di buona qualità ad un buon prezzo.
Le attività svolte in questo ultimo periodo hanno perciò permesso di appurare come tutta l’organizzazione ruotasse intorno alla casa dove era rimasta la moglie connazionale dell’uomo. La donna – 31 anni, al settimo mese di gravidanza e già madre di 6 figli minori (i 4 più piccoli a Terni e i 2 più grandi in Nigeria), proprio grazie ai quali a settembre non era finita in carcere assieme al marito – aveva preso in mano le redini dell’attività e l’aveva portata avanti con altri 5 cittadini marocchini, tutti pluripregiudicati per reati di droga, di età compresa tra i 50 e i 25 anni.
L’organizzazione era ben strutturata, non effettuava vendite al minuto, ma si serviva di una fitta rete di collegamenti per rifornire non solo il mercato locale, ma anche quello delle province limitrofe, come Rieti, Viterbo e Perugia.
Ognuno aveva un compito: i due nordafricani regolari a Terni con la famiglia, vendevano la droga a quelli che venivano da fuori, dopo averla tagliata e confezionata, come facevano gli altri tre, che erano i fornitori del mercato locale, tra cui figurano anche appartenenti alla cosiddetta “Terni bene” che acquistavano la droga per movimentare le loro serate.
I tre fornitori locali sono risultati clandestini in Italia, con vari ordini di espulsione nei loro confronti ai quali non hanno mai ottemperato; gli agenti hanno appurato che sono sempre rimasti ad abitare in città, o meglio nel centro della città, per potersi spostare a piedi velocemente ed essere facilmente rintracciati dai clienti, cambiando però casa di continuo per non essere individuati dalla Polizia.
Il canale di rifornimento della droga è stato accertato come proveniente dal Basso Lazio, in particolare dall’Agropontino, con l’utilizzo di corrieri occasionali che arrivavano a Terni in treno e consegnavano la sostanza direttamente a domicilio, a casa della donna. Si calcola che da settembre siano stati smerciati diversi chili di sostanza stupefacente.
Con l’esecuzione delle 7 misure cautelari in carcere di oggi, richieste dal PM Elisabetta Massini e concesse dal GIP Maurizio Santoloci, si può affermare con tutta sicurezza di aver stroncato l’organizzazione di maggiore peso in città per quanto riguarda lo spaccio di cocaina e di eroina. Nei blitz nelle abitazioni degli arrestati, effettuati dalla sera di venerdì alla mattinata di oggi, con l’ausilio dell’Unità Cinofila di Pescara, sono stati sequestrati otre 100 grammi tra cocaina ed eroina, bilancini di precisione, diversi etti di sostanza da taglio tra cui la crema di riso trovata nella cantina della donna sopra un tavolo usato per il confezionamento delle dosi.
A casa di un arrestato marocchino, sono stati anche rintracciati due clandestini, connazionali e cugini dell’uomo, che dopo essere stati denunciati per spaccio di sostanze stupefacenti sono stati portati all’Ufficio Immigrazione per la procedura dell’espulsione.
Questa volta, il GIP Santoloci, valutati i gravi indizi di colpevolezza, ha ritenuto di adottare la misura dell’arresto anche per la donna; i bambini sono stati affidati ai Servizi Sociali del Comune che hanno provveduto a collocarli in apposite strutture.
Vale la pena ricordare che la numerosa famiglia nigeriana è tuttora assistita dalle associazioni caritatevoli della città, in quanto considerata indigente. Nell’ordinanza del settembre scorso, il dr. Santoloci, aveva sottolineato il fatto di come “sempre più spesso si notano soggetti sempre più palesemente e notoriamente dediti al crimine ed in particolare allo spaccio sistematico di droga in città a livello elevato, i quali, nullatenenti e nullafacenti e insistenti nel territorio urbano, con l’evidente ed esclusivo fine di delinquere, riescono ad ottenere in via paradossale ed incomprensibile la regolare residenza anagrafica” ed ancora di come il cittadino nigeriano arrestato fosse anche “destinatario del denaro pubblico dei contribuenti, che sono vittime dell’attività di spaccio del soggetto, in quanto beneficia di erogazione economica alimentare, in quanto soggetto bisognoso con regolare tessera familiare Welfare Voucher”.
Definito dal Giudice uno “spacciatore residenziale”, il nigeriano capo-famiglia, aveva creato a casa sua una vera e propria centrale di smercio, stanziandosi nel territorio urbano solo ed esclusivamente per quello scopo, inviando gran parte dei soldi guadagnati al suo Paese d’origine, dove, dirà agli agenti in occasione dell’arresto, sta costruendo una grande villa in riva al mare per la sua numerosa famiglia.