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Omicidio Via Ricci: Da questa mattina la scientifica cerca nuove tracce del killer – Riccardo Menenti vuole parlare

Sara Minciaroni

Aggiornamento ore 20.00

Riccardo Menenti vuole parlare. È stato lui stesso attraverso i suoi legali a chiedere di essere nuovamente sentito dal pubblico ministero Antonella Duchini. È chiaro come questa decisione arrivi dopo le decisive svolte nelle indagini degli ultimi giorni. La presenza del suo DNA sulla scena del crimine, ha posto probabilmente fine alla sua prima versione di totale estraneità ai fatti. Gli esami scientifici sembrano inchiodarlo in via Ricci. A questo punto tutto potrebbe concentrarsi sulla volontà di salvaguardare la posizione del figlio Valerio. Ad oggi accusato di essere il mandante del massacro.

Intanto nuovi elementi sono stati acquisiti questa mattina dagli inquirenti nel doppio sopralluogo che si è svolto sia a Perugia che a Todi (nel casale degli accusati). Altre tracce ematiche sono state repertate nell'appartamento di Julia.

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Da questa mattina alle 10 sono iniziati nuovi sopralluoghi nell'appartamento di via Ettore Ricci. Il teatro del massacro del giovane Alessandro Polizzi è quindi di nuovo sotto la lente della polizia scientifica. Sul posto si sono portati il capo della mobile Marco Chiacchiera ed il sostituto procuratore Antonella Duchini. Con loro è arrivato accompagnato dai legali Luca Maori e Donatella Donati anche Massimo Tosti , padre di Julia, la diciannovenne scampata alla furia omicida del killer che nella notte tra il 25 ed il 26 marzo ha sparato per uccidere i due giovani.

Via Ricci è blindata da questa mattina, ai giornalisti non è concesso di oltrepassare il blocco imposto dagli agenti della questura. Si attende. Per capire se dal nuovo sopralluogo potranno emergere ulteriori elementi. Cosa cercano gli inquirenti? Impronte, nuove tracce o forse a distanza di giorni dai nuovi risultati scientifici depositati nei giorni scorsi dalla procura si cercano solo conferme a quella tesi che ha già portato in carcere Valerio e Riccardo Menenti. Padre e figlio, accusati di essere rispettivamente l'esecutore materiale ed il mandante dell'omicidio e del tentato omicidio.

Il colpo di scena di venerdì infatti ha fatto anche scegliere alla difesa dei due indagati guidata dagli avvocati Luca Patalini, Massimo Krogh e Alessia Papi di ritirare la richiesta di riesame prevista proprio in quella giornata. Le tracce di sangue attribuite a Riccardo Menenti, trovate sulle scale della palazzina e la commistione di Dna tra lo stesso Menenti e la vittima, individuata sul calcio dell'arma del delitto, hanno determinato una rapida inversione di rotta.

Ulteriori prove quindi che si sono aggiunte e sono andate a rafforzare il già preciso castello accusatorio della procura, poi avvallato dal giudice per le indagini preliminari Luca Semeraro, e che aveva determinato l' esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare per Menenti padre e figlio. Che almeno fino a venerdì avevano sempre continuato a dichiararsi innocenti ed estranei all'accaduto.

Su di loro continua a pesare anche la dichiarazione che spontaneamente la commessa di un compro oro è andata a rilasciare in questura. La donna aveva raccontato che Valerio sarebbe entrato nel suo negozio il sabato precedente l'omicidio per vendere un bracciale in oro. Proprio all'interno del negozio Valerio si sarebbe messo al telefono, un telefono che come avrebbe lui stesso specificato non era suo ma gli era stato prestato. Da li avrebbe pronunciato frasi molto precise e drammaticamente sibilline : “Devono pagare per quello che mi hanno fatto perché fino adesso sono stato buono ma non possono trattarmi come un coglione”. La telefonata viene ascoltata dalla commessa del negozio. La donna si presenta spontaneamente in questura il 29 marzo per raccontare quanto udito: “Ho un amico che c’ha un amico che queste cose le sistema”, e ancora,”Pagheranno con la loro vita”,”Capisci che mio padre vedermi in queste condizioni”, “No a questo punto anche lei, ormai si, perché la situazione che si è creata…se voleva parlare con me poteva farlo invece ha preferito…”, “Tu che centri stai tranquilla, dai stai tranquilla, perché io sarò in ospedale”. Ma la difesa ha sempre spiegato che Valerio in quel giorno e a quell'ora si trovava in ospedale gravemente ferito proprio da Alessandro Polizzi e da altri suoi amici.

E poi ci sono i filmati delle telecamere, quelle dell'ospedale di Perugia prima, che avrebbero ripreso Menenti andarsene dal parcheggio con il furgone bianco e poi quelle che hanno ripreso lo stesso furgone dirigersi in direzione Todi in un orario compatibile con i momenti successivi l'omicidio.

Ci sono i carboni ancora caldi nel camino di casa Menenti a Todi, è qui che gli inquirenti ipotizzano forse che possano essere stati bruciati gli indumenti indossati durante l'omicidio. E sempre qui la scatola del sottocasco. Da notare come Julia abbia descritto l'oggetto con cui il killer si è coperto il volto come simile ad un sottocasco di quelli che usano i motociclisti. E ancora il letto disfatto solo da un lato nel casale di Todi come se solo una persona ci avesse dormito, facendo così vacillare l'alibi fornito dalla moglie di Riccardo, la quale aveva sempre detto di aver dormito a Todi col marito. Ma anche qui la risposta della difesa era arrivata prontamente, la donna aveva poi spiegato di aver lei dormito su una poltrona mentre il marito in camera da letto.

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