Cronaca

Omicidio via Oberdan, indagini concluse e nuovi dettagli dalla perizia sulla morte di Danielle

Prima aggredita e picchiata, poi spinta giù dalle scale. Nella perizia redatta dal medico legale l’omicidio di Danielle Claudine Chatelain è ricostruito così. Nel documento depositato vengono descritti due momenti di quel violento litigio del 27 maggio del 2016, in esito al quale la vittima 73enne, è stata trovata ai piedi della rampa di scale del palazzo al civico 50 di via Oberdan, una volta sede dell’ex ospedale cittadino, in pieno centro storico.

Secondo la perizia infatti alcune lesioni sul corpo della vittima non dipenderebbero dalla caduta ma sarebbero state prodotte qualche istante prima. Omicidio volontario aggravato, secondo il pm, dai futili motivi e dalla minorata capacità della vittima, troppo anziana, per difendersi oltrè che dalla crudeltà, per le sofferenze patite dall’anziana prima del decesso.  Sul movente non rimangono dubbi, è stata la stessa Kette a confermarlo davanti al Gip.

“Quando mi ha detto delinquente, devi andare via, non ci ho visto più”, sono state le parole dell’indagata che poi ha raccontato di essersi avvicinata e averla spinta giù dalle scale. Cambia molto rispetto alla posizione dell’indagata. Alla quale, nei giorni scorsi, è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini. Che di nulla ha mutato il quadro delle accuse formulate nella richiesta di misura cautelare.

Aggiungendo altri agghiaccianti particolari ha spiegato come la vittima sia rimasta a terra tra il penultimo e l’ultimo scalino, dove la troverà il personale del 118 e di essersi avvicinata mentre Daniela era a terra con il viso rivolto contro il pavimento dello scalino. E’ questo il punto più drammatico della confessione, “l’ho presa non ricordo se per i capelli ed ho sbattuto il suo capo per due o tre volte contro il gradino”. Ma ora dunque tutto si gioca su questo punto dirimete.

La spinta dunque è  arrivata al culmine del litigio oppure prima di questa la Kette aveva già alzato le mani (?) contro la madre della sua compagna morta poco tempo prima e che di fatto era l’unico legame tra l’assassina e la vittima che la ospitava ancora dentro casa e per la quale ormai era diventata un peso.