Ucciso barbaramente in pieno centro da AmineAassoul, detto Aziz (condannato a 30 anni in primo grado), David Raggi ha trovato la morte nella notte tra il 12 e il 13 marzo 2015, mentre si trovava in un locale del centro con alcuni amici; ad oggi, i suoi famigliari non potranno avere il risarcimento di Stato.
La clamorosa notizia è stata resa nota dal legale difensore della famiglia Raggi, Massimo Proietti, che già aveva avviato un iter per avere un risarcimento di Stato, perché l’assassino di David non avrebbe dovuto trovarsi in stato di libertà per reati precedentemente commessi e, sopratutto, non avrebbe dovuto trovarsi in Italia. Per questo, l’avvocato Proietti, ha inoltrato due citazioni a giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio Dei Ministri e Della Giustizia.
Da quanto affermato, sempre dall’avvocato Proietti: “David percepiva un reddito di 13mila e 500 euro l’anno e per questo la sua famiglia non potrà beneficiare, almeno per il momento, al fondo che lo Stato ha istituito per le vittime di reati violenti e intenzionali”. Sarebbe quanto stabilito dalla legge 122 del 7 luglio 2016 definita dall’avvocato come “vergognosa”.
Secondo l’articolo 12 di tale norma, infatti, una delle condizioni per accedere al fondo è che la vittima non abbia un reddito superiore a 11mila 528 euro, somma prevista “per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato”.
Non solo. Nel testo della legge, per accedere al fondo di Stato, si prevede anche che “la vittima abbia già esperito infruttuosamente l’azione esecutiva nei confronti dell’autore del reato per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo di provvisionale, salvo che l’autore del reato sia rimasto ignoto”, vale a dire che bisognerebbe presentare una documentazione che dimostri che si è fatto di tutto per esigere dal colpevole la cifra richiesta “allungando spesso i tempi – commenta Proietti – non avendo certezza di percepire quanto spetta e con gravi danni per le famiglie delle vittime”.
L’avvocato è deciso a presentare un ricorso al Tribunale Civile di Roma contro l’incostituzionalità delle legge 122, sulla scorta di altri due casi di omicidio che il legale sta seguendo: quello di Carlo Macro, 33enne ucciso a Roma nel 2014 da un cittadino indiano che non aveva i requisiti per trovarsi sul territorio nazionale, e l’omicidio di Pietro Raccagni, il macellaio di Brescia ucciso sempre nel 2014 nella sua villa da una banda costituita da cittadini albanesi.