Cronaca

Omicidio Polizzi, la difesa “assolvete Valerio, il colpevole è solo suo padre”

Assolvere Valerio Menenti, questa la richiesta alla Corte d’assise d’appello di Perugia dell’avvocato Manuela Lupo “perchè un colpevole (per l’omicidio di Alessandro Polizzi e il tentato omicidio di Julia Tosti, ndr) ce l’avete e non è Valerio. Valerio è il movente di questo omicidio e non il mandante. Può una persona che è semplicemente la causa di quello che è successo essere colpevole della condotta criminosa di un’altra?”.

Eccolo il nodo di questo processo per i fatti che avvennero la notte tra il 25 e il 26 marzo del 2013 e quello che li precedette e li seguì nelle ore immediatamente successive a quando Riccardo Menenti entrò nell’appartamento per “dare una lezione” a chi aveva per tre volte picchiato suo figlio. Secondo le difese, il cui turno in aula è arrivato questa mattina dopo le arringhe dell’accusa e delle parti civili di ieri, se Valerio è da considerarsi estraneo all’omicidio per Menenti senior le accuse sono da derubricare in omicidio preterintenzionale (non volontario) e vanno escluse le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e dei futili motivi ed oltre a questo andrebbero riconosciute le attenuanti generiche e quella di aver agito su provocazione, inoltre sempre secondo gli avvocati Francesco Mattiangeli e  Giuseppe Tiraboschi Riccardo andrebbe assolto dall’accusa di tentato omicidio di Julia Tosti.

Richieste che vorrebbero scardinare completamente l’esito del processo di primo grado (all’ergastolo per il padre e a 27 anni per il figlio) quando la Corte d’assise ritenne che “tra padre e figlio”, vi fosse “un piano comune e un accordo per vendicarsi di Polizzi” e  che l’omicidio non fu “una reazione improvvisa né di impeto”, perchè “Valerio ha espresso in forma chiara e specifica volontà omicidiaria”. E nelle motivazioni anche le testimonianze di chi nella camera dell’ospedale in cui il tatuatore di Ponte San Giovanni era ricoverato per farsi operare al naso che proprio Alessandro gli aveva rotto ha sentito dire al ragazzo “che gliel’avrebbe fatta pagare e che ci avrebbe fatto pensare al padre”, padre che stando al racconto “annuì manifestando il suo assenso”.

Domani non ci sarà udienza. Si riprende giovedì giorno in cui in esito alle repliche la Corte presieduta dal giudice Massei si ritirerà in camera di consiglio. Ma le vie sono due, potrebbe arrivare la sentenza oppure la decisione dei giudici di richiedere una nuova perizia sugli atti processuali che riguardano tutti gli accertamenti peritali svolti sia sull’arma, che sul corpo della vittima, che sul luogo del delitto. Il tutto al fine, qualora se ne ravvisi la necessità, di chiarire le circostanze che portarono al decesso e in particolare se questo avvenne per uno sparo da distanza ravvicinata o meno e se la colluttazione tra aggressore e vittima avvenne prima o dopo lo sparo.

Su questi quesiti la ricostruzione che restituisce la sentenza di primo grado è quella di Menenti che entra nell’appartamento, usando prima le chiavi (che Valerio gli avrebbe fornito) e poi dando una spallata finale impugnando in una mano un arnese di ferro e nell’altra la pistola che punta verso i ragazzi che dormono vicini colpendo Alessandro e Julia di riflesso con la stessa pallottola che esce dal corpo del 24enne e la ferisce. Ma il “guerriero” come soprannominato dagli amici, si alza dal letto (mentre la pistola dell’aggressore si è inceppata non permettendogli di sparare ancora) e va verso di lui iniziando una lotta nella quale Menenti lo colpisce più volte alla testa con il ferro e poi si scaglia contro Julia, fin quando Alessandro cade a terra esanime.

Ancora una volta saranno i giudici a decidere.