La procura di Spoleto, diretta da Alessandro Cannevale ha depositato il ricorso contro l’esclusione, da parte del giudice, delle aggravanti (premeditazione e aver aver agito mentre era in servizio) per Emanuele Armeni. Una differenza che al carabiniere in carcere per l’omicidio del collega Emanuele Lucentini (ucciso in caserma il 16 maggio 2015) può valere un ergastolo o, con il rito abbreviato, trenta anni di carcere.
Il carabiniere Emanuele Armeni è stato condannato il 18 luglio scorso a 20 anni di carcere per aver ucciso il collega Emanuele Lucentini nel piazzale della caserma di Foligno al rientro da un turno di notte. L’accusa e il Gup che lo ha giudicato nell’ambito del rito abbreviato, non hanno mai creduto alla tesi difensiva con la quale l’Armeni ha sempre dichiarato che la morte del carabiniere di Tolentino è stata frutto di un drammatico incidente. “Fin dall’inizio di questa vicenda non ho mai detto una bugia e finalmente posso dirlo anche davanti ai familiari (di Lucentini, ndr)…se potessi tornare indietro – ha dichiarato Armeni in aula – (…) lontana da me è la volontà di avere procurato la morte al collega che tra l’altro non c’ho mai avuto niente contro di lui, o con lui, o quant’altro. Per me quel giorno la mia vita è finita ecco, solo questo. Scusate ancora”.
La procura ha presentato ricorso per Cassazione (non potendo impugnare una sentenza in appello) ma le questioni sollevate dalla magistratura saranno riunite all’appello proposto nei giorni scorsi dall’avvocato Michele Montesoro, che assiste il carabiniere condannato.
Ma anche secondo i periti era impossibile che dalla mitraglietta M12 S2 partisse un colpo involontariamente, e nelle 90 pagine di motivazioni alla sentenza lo scrivono chiaramente, riportando anche le perizie degli esperti (sia nominati dalle parti che dal giudice) che hanno approfondito la questione, “appare chiaramente inverosimile…l’uccisione di Lucentini, che l’Armeni dichiara involontaria e accidentale”, sia avvenuta per un malfunzionamento dell’arma o perchè l’Armeni abbia effettuato un colpo di prova prima di inserire la sicura.
L’ “odio” di Armeni. Ma nelle motivazioni di quella sentenza è scritto anche che all’esito del processo non risulta accertato quale sia il movente dell’omicidio. Già la Procura nella richiesta di misura cautelare in carcere del 2 luglio del 2015 ha fornito una serie di possibili causali del delitto, “che tra Armeni e Lucentini non corressero buoni rapporti”, il pm parla di “odio, risentimento, ovvero rancore, disprezzo di Armeni per Lucentini” e fa riferimento ad un’intercettazione ambientale in cui Armeni dopo i funerali della vittima mentre rientra in auto con la moglie e il padre dice: “Era buono, (bestemmia, ndr) faceva le multe pure a quelli di 90 anni. Buono porca madosca, li faceva mettere a piagne i pori vecchietti. A me mi diceva che gli mettevo suggestione, è andato dal maresciallo, quello mi mette suggestione che io non posso fare le multe (…) quindi non me dicessero cazzate, buon qua, buono là, per carità è morto, però non era buono manco per un cazzo, i delinquenti gli sputavano sulla faccia (…) avranno festeggiato”, e ancora “ non lo poteva vedè nisciuno (…) era una testa di cazzo”.