Continuano senza sosta le indagini per risalire al nome dell’assassino di Katia Dell’Omarino, la 41enne che appena una settimana fa, è stata massacrata di botte e uccisa nei pressi del Ponte di San Francesco sulle colline di Sansepolcro.
Gli inquirenti, in questi giorni, hanno ascoltato le testimonianze di oltre 20 persone, alcune delle quali si sono presentate spontaneamente in caserma e, dopo aver raccolto le varie testimonianze, non escludono che l’uomo che ha ucciso Katia possa risiedere in quella manciata di chilometri di Alto Tevere compresa tra Sansepolcro e San Giustino. E proprio nel comune umbro, frequentato spesso dalla donna e dove questa, tra l’altro, è stata avvistata poche ore prime della sua morte, si concentra l’attenzione dei carabinieri.
Uno degli elementi cardine dell’indagine è il fatto che l’assassino fosse ben conosciuto dalla sua vittima, altrimenti Katia non avrebbe mai abbandonato in piena notte la propria auto per salire su quella di un estraneo. Per questo gli investigatori passano a pettine il giro di conoscenti della vittima. Si cerca di dare un volto al circa 50enne di cui amici di Katia e testimoni hanno riferito e di cui la donna sembrerebbe si fosse fortemente invaghita, cercandolo spesso (senza ricevere risposta) al telefono. E’ stato infatti ipotizzato che l’uomo, abbia scatenato la sua furia su di lei, in un atto di violenza d’impeto e incontrollata, per mettere a tacere la 41enne e avere così la sicurezza che questa non riferisse a nessuno dei loro incontri (anche perché sembra che l’uomo abbia una famiglia). Forse Katia lo aveva minacciato di raccontare tutto e questo potrebbe essere il movente. Ma l’unica certezza, ad oggi, è che la donna è stata picchiata, a mani nude, dal suo carnefice e poi finita a colpi di quello che gli esami autoptici rivelano essere un oggetto a punta arrotondata, un martello o addirittura una mazza. Il corpo esanime poi, è stato fatto rotolare lungo la scarpata che conduce al torrente Afra, dove è stato ritrovato.
Al vaglio degli inquirenti c’è ancora l’agenda-rubrica di Katia, che i Carabinieri hanno ritrovato nella Citroen rossa della donna. Sotto osservazione anche i tabulati telefonici che, contro ogni aspettativa, non hanno regalato grandi sorprese: non è stato individuato, infatti, un recapito particolarmente “sospetto”, poiché nessun numero sembra essere stato digitato e chiamato più volte. Non ha di certo aiutato gli inquirenti l’assenza di applicazioni come Whatsapp e Facebook, di cui Katia non si è mai servita. Neanche la visione delle telecamere di videosorveglianza di alcune abitazioni private, infine, ha portato a risultati soddisfacenti.
Tra gli elementi utili, mancano però ancora le risultanze dei diversi prelievi effettuati sul corpo di Katia in sede autoptica, nella speranza che tracce di dna estraneo possano portare ad un nome preciso ed imprimere una svolta decisiva a questo tremendo giallo.