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La sera del 28 aprile 2008, Giampaolo Properzi, noto ristoratore folignate, proprietario della locanda “Il Cavaliere che non c’è” uccide con una coltellata Concetta Genta, sua inquilina. La trentunenne aveva trovato fuori dalla porta di casa delle valigie contenenti tutte le sue cose. Il messaggio era lampante: uno sfratto. La giovane si presenta allora dinanzi alla locanda gestita da Properzi per chiedere spiegazioni, la discussione degenera e Concetta rimedia una coltellata che le lacera l’aorta, uccidendola. Alla base del violento litigio, oltre ad un pessimo rapporto tra i due, stava proprio questo inatteso sfratto. Quattro anni dopo, la Corte d’assise di appello di Firenze ha deciso di riformare parzialmente la sentenza precedentemente formulata dalla corte di appello di Perugia – la quale aveva stabilito una pena di 14 anni e 8 mesi – portandola quindi a 12 anni di reclusione. Alla base di questa modifica, una presunta provocazione della Genta ai danni di Properzi. Il procuratore generale, dopo il rinvio della Cassazione, aveva chiesto la riconferma della sentenza d’appello datata 2009, ma la corte ha escluso la recidiva e riconosciuto la provocazione, motivando così la riduzione della condanna. Properzi “fu provocato dalla vittima, merita uno sconto di pena.”
Properzi era difeso dagli avvocati Guido Bacino e Giuseppe Congiunti, mentre la mamma e i parenti della Genta, costituiti parti civili, erano assistiti da Giovanni Picuti e Elena Torresi. “Finalmente è giunto a conclusione questo tormentato processo” commentano Picuti e Torresi. “Ora l’imputato non potrà sottrarsi alle proprie responsabilità. Non vediamo spiragli per ulteriori diminuzioni di pena”. Patrizia Genta, madre di Concetta, non ha perso una sola udienza dall’inizio del processo, né tralasciato di leggere un solo foglio degli atti processuali. “Giustizia è fatta – commenta -, dopo lo strazio della perdita e di un processo trascinato fino ad oggi.”