Dalle informazioni contenute nei cellulari sequestrati alle quattro persone indagate, a vario titolo (lesioni, minacce, possesso di armi) per quanto avvenuto nella notte tra venerdì e sabato al 110Cafè e poi nell’adiacente parcheggio universitario, prima dell’accoltellamento mortale di Hekuran Cumani, potrebbero arrivare indicazioni utili a scoprire chi abbia ucciso il 23enne arrivato da Fabriano.
Perché le testimonianze raccolte dagli inquirenti negli interrogatori a cui sono stati sottoposti i quattro indagati e le persone presenti dentro e fuori il locale quella notte, consegnano un quadro abbastanza chiaro di quanto accaduto fino ad un certo punto. E cioè fino alla lite avvenuta nel locale e l’allontanamento dei ragazzi dei due gruppi. Poi le testimonianze sono tra loro contraddittorie, forse anche omertose da parte di alcuni. E confusionarie da parte di alcuni testimoni, presenti in un momento concitato.
Nessuno comunque, al momento, ha fornito un’indicazione chiara su chi possa essere stato ad accoltellare Hekuran, a differenza di quanto si riteneva all’inizio. Tant’è che, come confermato lunedì pomeriggio dalla Procura con una nota ufficiale, al momento non ci sono persone iscritte nel registro degli indagati a cui viene contestato l’omicidio.
Anche la posizione di alcuni giovani inizialmente sospettati di aver avuto un ruolo su quanto accaduto sembra essere mutata sulla base delle testimonianze raccolte. E non è escluso che possa cambiare ancora nel corso delle prossime ore.
A cominciare dalle ricostruzioni intorno all’unico coltello recuperato. Sul quale non ci sono tracce di sangue e quindi non può essere l’arma con il quale è stato ferito mortalmente Hekuran Cumani alla parte alta del petto e forse la stessa con la quale qualche istante prima era stato ferito, lievemente, ad una gamba il fratello minore della vittima.
Il giovane perugino, italiano di seconda generazione da famiglia nordafricana, ha dichiarato agli inquirenti di aver impugnato quel coltello per difendersi, ma di averlo poi lui stesso lasciato nell’auto. Vicenda per la quale è indagata anche la fidanzata.
Ma dalla testimonianza vigilante che quella notte lavorava come buttafuori del locale, che ha ammesso di aver colpito il fratello della vittima quando i due gruppi di giovani hanno iniziato a fronteggiarsi, emergerebbe che il giovane sia stato costretto a liberarsi del coltello e non lo abbia fatto volontariamente.
E poi c’è l’altro ragazzo indagato, sul cui possibile ruolo su quanto avvenuto in quella notte la ricostruzione sembra essere cambiata.
Resta al momento senza una risposta, soprattutto, il quesito principale: l’accoltellatore era tra coloro che hanno partecipato alla festa oppure ha raggiunto il parcheggio universitario successivamente, magari chiamato da alcuni dei protagonisti della lite? Elemento fondamentale per la sua certa individuazione.
Aspetti che potranno arrivare dalla verifica delle celle agganciate dai cellulari e dal contenuto, anche di quello eventualmente cancellato, che gli esperti possono recuperare.