Ieri, la Corte d’Assise d’Appello di Perugia ha confermato la condanna all’ergastolo per Ndrec Laska, reo confesso per l’omicidio di Sergio Scoscia e della madre Maria Raffaelli durante una rapina nel loro casale di Cenerente. Il dna di Laska venne ritrovato sotto l’unghia del cadavere di Sergio Scoscia. Prova che lo incastrò e lo portò ad una condanna all’ergastolo in primo grado, ieri confermata in appello. La Corte ha poi ridotto la condanna per il “palo” Artan Gjoka detto Anton dall’ergastolo a 20 anni di reclusione ed ha ridotto infine la condanna a Perdoda Marjana, considerata la mente e basista della rapina, a 4 anni e 6 mesi di reclusione.
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Ma le versioni sia dei due albanesi che del terzo imputato Alfons Gjergji (che ha scelto il rito ordinario), non hanno mai coinciso: Artan Gioka, il fidanzato della “basista”, prostituta che disse loro che in quel casolare l’ex orafo Scoscia (suo amico) teneva nascosto l’oro, sostiene di aver solo accompagnato Laska Ndrec al casolare di Cenerente e di averli aspettati fuori, in macchina. La sua versione è in parte confermata da Laska. Ha detto infatti che Artan rimase fuori mentre lui e Gjergji entrarono in casa. Sempre secondo questa ricostruzione, fu Gjergji a uccidere Scoscia e l’anziana madre perché ubriaco e fuori controllo. Gjergji, che secondo gli altri era venuto da Roma appositamente per la rapina, dice invece che lui rimase a dormire in macchina quella notte e che venne a Perugia soltanto per prendere Laska per accompagnarlo in aeroporto a Fiumicino.
Tesi che ora cercano conferme nella difesa di Gjergji. all’udienza di oggi davanti dalla Corte d’Assise di Perugia per la discussione del processo da parte della difesa, la Corte, subito dopo l’arringa dell’avvocato Luca Maori (difensore appunto di Gjergji), senza disporre repliche, si è ritirata per decidere in relazione alle richieste istruttorie avanzate ed in particolare, ha emesso una ordinanza con la quale vuole avere la certezza, così come indicato da questa difesa, che a colpire con il martello il povero Scoscia Sergio sia stata una donna che ha lasciato il proprio dna sull’impugnatura del manico e non quindi il Gjergji, ritenuto dalla Pubblica Accusa colui che brandiva il martello da carpentiere. Per questo un perito verrà chiamato a deporre in aula. Nella prossima udienza già fissata per il 6 novembre.
Perchè secondo la difesa le utenze telefoniche dell’imputato non hanno mai agganciato le celle di Cenerente e Colle Umberto e la’uto vista da una delle testimoni fuori dalla casa delle vittime non è la Ford Focus di Gjergji e la perizia genetica avrebbe escluso categoricamente la presenza del Dna dell’imputato sui reperti prelevati. Inoltre Gjergji, secondo la difesa, è l’unico degli imputati a non essere scappato e non aver nemmeno tentato la fuga e si è sempre dichiarato innocente.