Sara Minciaroni
E’ arrivata in autobus, questa mattina, la trentenne albanese divenuta la chiave di volta delle indagini sul duplice omicidio di Cenerente. La donna, assistita dall’avvocato Vincenzo Rossi, interrogata dal giudice per le indagini preliminari Lidia Brutti, ha confermato tutte le dichiarazioni del 28 e 29 maggio scorso.
La donna, che da anni si prostituiva nella zona del Pantano, è stata sentita in Questura all’inizio come conoscente della vittima Sergio Scoscia fino a delinearsi come basista (consapevole o meno saranno le indagini a stabilirlo) dell’organizzazione criminale che ha tentato di rapinare la casa dell’orafo e ha poi letteralmente massacrato fino alla morte sia lui che la madre Maria Raffaelli.
La donna si è mostrata al suo stesso difensore abbastanza serena, tanto da aver scelto il mezzo pubblico per arrivare a Perugia questa mattina. La sua posizione rimane quella di indagata, ma non per gli omicidi, bensì per la partecipazione al sodalizio finalizzato alla rapina, pur con un ruolo marginale. Rimane quindi a piede libero: l’unica forma restrittiva che le è stata imposta è il divieto di lasciare il paese. In queste ore ha ritrovato anche il sostegno della madre che, dato il provvedimento, ha deciso di raggiungere la figlia in Italia.
Secondo l’avvocato la donna non si sentirebbe in pericolo in questo momento, nonostante gli stessi inquirenti abbiano sempre cercato di proteggerla da eventuali atti intimidatori per spingerla a non parlare o a ritrattare quanto detto. Probabilmente la donna, date le minacce subite dal suo stesso fidanzato, ora detenuto in Albania, si sente più al sicuro sapendo i tre accusati in carcere. Non ci sono novità invece in merito al procedimento di estradizione di Gioka e Laska: bisognerà attendere ancora perché i due possano essere interrogati in Italia. Intanto il loro presunto complice fermato a Roma a bordo della Ford segnalata di fronte al casale del massacro, nei giorni scorsi, dal carcere di Capanne, si era avvalso della facoltà di non rispondere. E ci sarà ancora da attendere, ma forse non molto, anche per i funerali delle vittime: è possibile infatti che dopo tre mesi dalla loro morte, se il giudice non richiederà ulteriori accertamenti, potranno essere celebrate le esequie.
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