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Ogni anno circa 22 ragazzi vengono uccisi in famiglia, come la Chiesa deve intervenire sulle violenze domestiche

Sara Minciaroni

Era il 5 ottobre. E' trascorso un mese esatto dal giorno in cui ha barbaramente perso la vita Ovidio Stamulis 17enne di Pietrafitta massacrato a colpi di mattarello dal compagno della madre. Proprio nel giorno di questo drammatico anniversario mosignor Gualtiero Bassetti ha pubblicato sul settimanale “La Voce” un articolo in cui offre suggerimenti pastorali ai parroci che nelle rispettive comunità vengono a conoscenza di situazioni critiche all'interno delle famiglie, ricordando proprio il caso di Ovidio ha spiegato come ''ogni anno in Italia vengono uccise dai loro partner circa 170 donne: più o meno il doppio degli omicidi mafiosi. Tra il 2004 e il 2008, inoltre, sono stati 113 i figli uccisi dai propri genitori. In media 22 casi l'anno''.

Il messaggio del vescovo – “E' essenziale che chiunque negli ambienti della Chiesa accolga la confidenza da parte di chi subisce violenza sappia indicare che la legge italiana protegge le vittime e che esistono centri anti-violenza. I cattolici, specialmente coloro in possesso di competenze adatte, devono essere incoraggiati ad impegnarsi nei centri anti-violenza o a costituirne di nuovi là dove essi non ci sono”. L'arcivescovo si è sentito in dovere di “offrire qualche suggerimento pastorale” su “cosa fare per impedire la violenza in famiglia” quando parroci e collaboratori pastorali ne vengono a conoscenza.

Salvaguardare le vittime – Il loro intervento “nei casi di violenza domestica – scrive mons. Bassetti, ricordando proprio il calvario del giovane Ovidio, i cui funerali sono stati celebrati proprio da Bassetti – ha come primo obiettivo la salvaguardia e la tutela delle vittime. Esse si garantiscono evitando la coabitazione del soggetto violento con gli altri membri del nucleo familiare e con la denuncia alle pubbliche autorità. L'obiettivo di 'salvare il matrimonio' e ristabilire la coabitazione potrà ragionevolmente essere perseguito solo al termine di un percorso di ristrutturazione dei meccanismi di convivenza familiare. La violenza domestica, per sua natura, è occulta e normalmente si perpetua solo se rimane tale”.