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Occupazione Province, anche quella di Terni ‘occupata’ / La rivolta parte da Firenze

Aggiornamento ore 14.00 – L’Usb definisce questa occupazione un “teatrino” perché organizzata dai sindacati confederati insieme agli amministratori, indicati come corresponsabili dell’attuale disastro. “I sindacati sono complici e autori della situazione” – dicono ancora i rappresentanti dell’Usb – “fin quando non saranno i lavoratori a tornare protagonisti delle vicende che li riguardano, la situazione sarà sempre uguale. Intanto i dipendenti della Provincia di terni hanno deciso l’occupazione della sala del Consiglio di Palazzo Bazzani in protesta contro la riforma Delrio e il recente emendamento del governo sul dimezzamento delle spese per il personale delle Province. La decisione è arrivata al termine dell’assemblea svoltasi stamattina e convocata da sindacati ed rsu nell’ambito dell’iniziativa nazionale contro il “delirio istituzionale”. L’occupazione è permanente in attesa delle evoluzioni e delle notizie che verranno da Roma. Contestualmente lavoratori, sindacati ed rsu hanno deciso di coinvolgere i vertici della Regione e i parlamentari umbri e di occupare la anche la sala del Consiglio regionale in occasione della seduta della prossima settimana.

L’intervento del presidente di Girolamo – “I provvedimenti sulla dislocazione dei dipendenti sono fuori misura – ha detto il presidente della Provincia Leopoldo di Girolamo – è necessario che il governo faccia un passo indietro e rivede l’emendamento e i tagli previsti nella legge di stabilità. Come Upi, insieme all’Anci attueremo ogni iniziativa utile a far desistere il governo da questa impostazione, fino ad attuare atti forti. Se così rimarranno le cose – ha annunciato di Girolamo – tutti i presidenti di Provincia rassegneranno le loro dimissioni”.

Una rappresentanza sindacale è stata inoltre ricevuta dal prefetto Gianfelice Bellesini che è stato informato sulla situazione e sullo stato di tensione dei lavoratori. Il prefetto ha assicurato vicinanza e sostegno ed ha annunciato la stesura di una relazione che invierà al governo. “La situazione è grave – è stato detto nell’assemblea – dal 1 gennaio, rimanendo così le cose, ci sarà il blocco i ogni attività dell’ente con il rischio concreto di perdere posti di lavoro. Per la prima volta in Italia si parla di licenziamenti nella pubblica amministrazione senza un piano di riforma organica. Si tratta solo di tagli lineari senza un progetto futuro, tagli che colpiscono i posti di lavoro e che si ripercuotono anche sui Comuni che subiranno anch’essi i danni della legge di stabilità”.

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È partita da Firenze, città non casuale, la rivolta dei dipendenti delle provincie, per estendersi poi in tutta Italia. La protesta nasce dalle preoccupazioni dei dipendenti degli enti dopo l’emendamento governativo al decreto Delrio che, a partire dal 1° gennaio 2015, vedrà una drastica riduzione dei dipendenti nelle Province di tutta Italia: si prevede il dimezzamento delle Province “normali” e la riduzione del 30% in quelle destinate a trasformarsi in Città Metropolitane
Traducendo coi numeri questi dati si calcola la perdita di 19.339 posti di lavoro, secondo l’Unione delle Province italiane, su 43.498 dipendenti a tempo indeterminato oggi impiegati negli enti, ai quali vanno aggiunti i precari con contratti a termine.
Cosa accadrà? – Per gli esuberi sono previsti 2 anni di mobilità, al termine dei quali, qualora nei due anni il dipendenti non sia stata riassorbito nel pubblico impiego, inizieranno a prendere l‘80% dello stipendio.
Altra grana è quella che riguarda i vincitori dei concorsi per il pubblico impiego. Questi aspiranti potrebbero vedersi occupare il proprio posto di lavoro dalle persone in mobilità che devono riassorbite.
L’Unione Sindacale di Base di Terni si esrpime invece negativamente sull’occupazione simbolica della Provincia di Terni, leggiamo la nota:
“Le anticipazioni sulle modifiche contenute all’interno del maxi emendamento alla Legge di Stabilità e che riguardano le Province, sembra confermino quanto anticipato nella partecipata assemblea dell’USB in Provincia del 17.
La proroga di un anno per quanto attiene la definizione del riordino di compiti e funzioni da parte delle Regioni, la quantificazione delle dotazioni degli organici ad esse collegati e quindi degli esuberi, conferma uno scenario di forte disagio e criticità per tutti lavoratori.
Sul versante delle risorse, il possibile dimezzamento dei “tagli” non comporterà comunque una condizione di sostenibilità per il bilancio provinciale e per i servizi che si dovranno erogare.
Il tema della “giusta rinegoziazione” delle deleghe per funzioni trasferite, che negli ultimi dieci anni sono state “spolpate” dalla Regione dell’Umbria, continua ad essere il “grande assente” dalle comunicazioni che Cgil, Cisl e Uil continuano a rappresentare alla Presidente Marini.
Non si vuole comprendere, che solo l’attivazione di un tavolo tecnico che possa garantire un attento riesame della partita dei trasferimenti, costituisce l’unico elemento idoneo a conferire dignità a ciò che resta di un Ente, la Provincia, devastato dal populismo e dalla demagogia dei governi di turno.
Non è dignitoso prefigurare, anche per il 2015 uno scenario, che come per quest’anno, ha visto la Regione “soccorrere” all’ultimo minuto con un considerevole finanziamento (circa due milioni e mezzo di euro)il bilancio di questo Ente, ed i lavoratori, costantemente con il cappello in mano, nell’impossibilità concreta di gestire, con la dovuta e necessaria efficienza ed efficacia, i servizi al territorio.
Questo non è a nostro avviso dignitoso per i lavoratori di questa Amministrazione, nè è giusto per i cittadini-utenti.
Ma i sindacati confederali non vogliono disturbare “il manovratore” e si limitano, dopo aver sostanzialmente contribuito a creare il danno sedendo ai tavoli con il Governo e sottoscrivendo accordi divenuti ormai carta straccia, ad operazioni di pressione e di facciata che non colgono il vero obiettivo.
E’ del tutto insufficiente infatti esortare la Presidente Marini ad esercitare una “pressione” sul Governo Renzi.
Andrebbe piuttosto esortata all’assunzione di una responsabilità politica che le appartiene ed è dovuta e che riguarda la sostenibilità, a prescindere, di servizi essenziali per il territorio e con essa, la dignità di cosa rimane delle Province, primo fra tutti il futuro occupazionale e professionale dei lavoratori e delle lavoratrici in essa impegnati”.