Nuovo "Convivio" dell'Associazione Risorgere, con Giancarlo E. Valori, Oliviero Diliberto e Sergio Santoro - Tuttoggi.info

Nuovo “Convivio” dell’Associazione Risorgere, con Giancarlo E. Valori, Oliviero Diliberto e Sergio Santoro

Redazione

Nuovo “Convivio” dell’Associazione Risorgere, con Giancarlo E. Valori, Oliviero Diliberto e Sergio Santoro

Al Castello dell'Oscano incontro su “Legge, Eguaglianza, Certezza del Diritto, Democrazia” | Dieci domande sul tema al Prof. Valori
Gio, 11/06/2015 - 10:15

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Sabato prossimo, 13 giugno 2015, si terrà nella splendida Residenza d’Epoca Castello dell’Oscano, in Loc. Cenerente, Strada Forcella (Perugia), il secondo convivio formativo e di beneficenza organizzato dalla giovane Associazione Culturale Risorgere, nata a Foligno su input dell’Assessore Comunale Emiliano Belmonte e del Dott. Luca Sebastiani e che in pochi mesi ha già conquistato la ribalta regionale approdando al capoluogo.

L’Associazione, che si ispira al mazzinianesimo, auspica un nuovo Risorgimento per l’Italia, questa volta in termini di sviluppo e crescita socio-economica, da conseguire attraverso una crescita morale ed etica delle giovani generazioni di italiani che riportino al centro dell’universo la dignità dell’uomo, il suo “essere” e non più il suo “valore di mercato”.
Per innescare o accrescere tale processo in coloro che si  stanno appassionando al tema,  l’Associazione Risorgere organizza degli incontri con dei luminari della cultura e della scienza, affinché il loro insegnamento sia di guida e d’esempio. E’ così che nasce l’idea dei convivi formativi, quale quello in programma per sabato prossimo, che sarà una sorta di pranzo “allungato” in cui ottimi cibi e pietanze si alterneranno agli interventi dei relatori, nutrimento per le menti.
Il tema prescelto per questo secondo appuntamento è “Legge, Eguaglianza, Certezza del Diritto, Democrazia” e i relatori saranno, nell’ordine il Prof. Giancarlo Elia Valori, manager, docente universitario, pubblicista ed economista a respiro internazionale, il Prof. Sergio Santoro, docente universitario, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato e dell’Associazione Nazionale Magistrati ed infine il Prof. Oliviero Diliberto
giurista e docente universitario, deputato per quattro legislature e Ministro di Grazia e Giustizia nei due Governi D’Alema.
Come da statuto dell’Associazione Risorgere, il convivio sarà pure occasione per una raccolta fondi per beneficienza da destinare all’Istituto Serafico di Assisi.
Al convivio saranno presenti numerosi esponenti di spicco a livello regionale e nazionale del mondo dell’imprenditoria, della finanza, della politica, delle istituzioni, delle forze armate e del giornalismo.

Il Prof. Giancarlo Elia Valori,  in occasione della preparazione del convivio, ha voluto rispondere a 10 domande sul tema proposte da Tuttoggi.info.

-Professore come è cambiato il Diritto dalla tradizione ottocentesca ad oggi?

Da quando si sono stabiliti i criteri fondamentali del diritto moderno, ogg davvero i tutto è cambiato. Il criterio di Giorgio  Del Vecchio, ovvero “quando si debba sempre dare una risposta univoca ad una questione giuridica”, è ormai superato dai fatti e dagli stessi modelli filosofici correnti. Il diritto prim a era stato costruito per dare risposte certe e univoche, oggi propone possibilità e valori probabilistici.
Se, da Wittgenstein a Rorty, il  discrimine filosofico fondamentale è il “probabile” o comunque l'”uso corrente”, oppure il criterio del gioco linguistico (e il diritto  è  appunto un gioco linguistico) allora la legge sancisce  una norma sociale transeunte, che trova in sè il proprio “fondamento”qualora questo esista. Prima il Diritto si basava sull’applicazione sociale di norme pregiuridiche: religiose, morali, valoriali, universalmente condivise. Oggi no.Oppure  si definisce così la prassi di una nuova imposizione. Che non è sancita democraticamente, peraltro.

 Il diritto come creatore di usi sociali nuovi, quindi. Lei come giudica questa trasformazione?
Il diritto non nasce più vecchio, come diceva un vecchio adagio, ma diviene oggi  creativo di nuove norme sociali e di nuove stratificazioni economiche. Perfino di nuovi modelli di sviluppo. Si pensi qui alle leggi antitrust. Oppure alle norme per la regolamentazione dei motori di ricerca globali, o a quelle sulla tutela dell’immagine dei “divi”.
Il problema è che, però, la potenza  innovativa del diritto attuale, poi,  nasce sulla base della tradizionale norma, della consueta fattispecie, insomma di un diritto che è descrizione della tipologia astratta ed eterna del Giusto e dell’Errato definiti erga omnes e per omnia saecula saeculorum. E quindi non sappiamo più, di fatto,  interpretare il diritto, perchè esso non ha più, nel mondo contemporaneo, fondamento oggettivo.
Sembra che  siamo ritornati alle norme “octroyées” degli Antichi Regimi, con leggi che cadono dall’alto e che sono l’immagine dell’interesse di pochi.
E mi riferisco qui non solo al Diritto di tradizione romanistica, ma anche al “common law” di filiazione anglosassone.
Entrambi parlano e leggono un mondo che si fonda su meccanismi diversi da quelli che hanno creato la base concettuale di entrambe le normative e delle rispettive  filosofie giuridiche.
Un diritto vecchio che si adatta a situazioni, nuove, deformandole, quindi ?
Certamente: il Diritto Romano, che, come dicevano i grandi giuristi tedeschi, è il solo e unico  diritto possibile, si basa sul nesso filosofico tra essenza e accidente: ci sono dei nessi tra “ùpokeimenon”,(υποκειμενο) il fondamento del soggetto, e gli accidenti, che si chiamano fattispecie, le quali disegnano reati o illeciti “aere perennius”. E’ un diritto che si muove ancora tra Aristotele e Platone.
Il tutto funziona come una combinazione tra un unico fisso, il soggetto, o essenza e poche variabili predefinite, gli accidenti giuridicamente rilevanti: ecco la fattispecie. Senza le due Etiche dello Stagirita, non potremmo quindi  leggere l’evoluzione del diritto medievale e moderno.
La tradizione del “common law” è  invece figlia diretta del nominalismo logico medievale dei francescani di Oxford: “nota notae est nota rei ipsius”.
Ovvero,  non occorre prendere in mano la sostanza del fatto, la sua fattispecie reale,  bastano le notae, i segni specifici e linguistici dei molteplici fatti. Il gioco linguistico sostituisce il gioco delle cose stesse, dei “fondamenti”.
Mi sento qui di ripetere una vecchia osservazione del pragmatista americano Charles Peirce: “tutta la nostra logica è nata nel medioevo”. Oggi però noi non abbiamo a che fare con individui-essenze, che operano azioni-accidenti.
Ma siamo immersi in correlazioni, spesso nuove, di fatti nei quali non sappiamo, come giuristi, e come filosofi, separare il soggettivo stabile dall’accidentale temporaneo.

Professore ma allora come cambia il diritto in un mondo non-aristotelico?

E’ probabile che, nel mondo contemporaneo, l’individuo sia l’accidente e la sua responsabilità verso gli altri e l’ordinamento sia quindi evanescente, nei fatti, come il soggetto stesso. Il soggetto non è più la sostanza, e “liquido”, come direbbe Bauman.
E’ poi  finito, nei fatti ma anche in molte teorie giuridiche,  il concetto dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla Legge. Dove siamo mai  oggi “eguali” come nella teoria della omonima congiura di Gracco Babeuf, nel 1796, contro il Direttorio?
Il poeta arcadico Babeuf sognava un ritorno alla comunità russoiana e agricola degli “uguali”, non toccata dalla cosiddetta “civiltà”, con le sue macchine e le sue asimmetrie sociali.
Ma le rivoluzioni del 1789 e quelle successive creeranno un uomo sempre più “differenziato”, nei suoi ruoli lavorativi e nella sua identità sociale.
Oggi la società è talmente differenziata che non sappiamo immaginare più un diritto valido per tutti, salvo quello per i più gravi e antichi reati penali.

Allora. come si risolve questa asimmetria?
E’ vero che i bolscevichi volevano che “una cuoca potesse comandare lo Stato”, alla fine della loro rivoluzione, ma nè allora nè, tantomeno oggi, questo è fisicamente possibile. E allora, dov’è l’uguaglianza di fronte alla legge?
E’ in gran parte sparita tra le varie normative specifiche dei nuovi ambiti del Diritto contemporaneo: quello societario, quello fiscale e tributario internazionale, i numerosi diritti umanitari, quelli delle borse e dei mercati finanziari, i diritti delle ONLUS e della aziende del Terzo Settore, e tanti altri.  Ma allora, dov’è più  il fondamento del Diritto, la sua profonda ratio, in questa selva oscura di normative autonome che spesso confliggono tra di loro?  Dov’è il nucleo teorico che unifica tutti questi diritti, che vanno per conto loro, seguendo la realtà e gli interessi più forti? Si tratta dei tanti diritti moderni che nascono “vecchi” ma rappresentano interessi specifici, corposi, facilmente identificabili. Si pensi alla tutela dei piccoli azionisti. Dov’è quindi più l’uguaglianza del cittadino di fronte alla Legge, se il soggetto è valutato in modo differenziato come imprenditore, investitore, soggetto fiscale, consumatore, elettore? Un frazionamento dell’identità e della figura umana che ricorda quella straordinaria opera d’arte “Nu descendant un escalier” di Marcel Duchamp.

Se non c’è più un unico Diritto e un unico fondamento di esso, allora come si identifica l’illecito?

Cos’è il Male, se non sappiamo più cos’è il Bene? Aggiungo ancora, alla Sua, un’ altra domanda: siamo sicuri che i principi astratti del nostro diritto moderno siano ancora  utili davvero per definire situazioni di illecito globale e compiuto da parte di nuove imprese, che non sono propriamente nè “terziario” nè altro? E’ cambiata l’economia ancora di più di quanto non sia cambiato il Diritto.  Penso infatti  ad una normativa capace, sul piano internazionale, di controllare le grandi reti di dati e i motori di ricerca globali su internet, che non può essere pensata sul piano meramente internazionale, dato che il diritto omonimo è eminentemente pattizio e può dar luogo a facili escamotages.
Penso anche a una normativa, con rilevanti sanzioni, che non permetta più il “dumping” per tutti i fattori produttivi che non sono i prezzi finali: costo del lavoro, convertibilità della moneta, normative sulla fiscalità d’impresa, condizioni per il finanziamente alle aziende. Se non si eliminerà la concorrenza sleale globale non avremo più pace. In tutti i sensi di questo termine.
Nè, tantomeno,  la nuova normativa  può essere pensata nell’ambito dei vari diritti nazionali, sempre più deboli nei confronti di tutto quanto sia originato fuori dai confini, che è però la gran parte dei prodotti e dei servizi.  Allora?  Oggi assistiamo o a riunioni internazionali impotenti, che emettono grida manzoniane, o a diritti nazionali, facilmente aggirabili.
Per non parlare dei tanti libri dei sogni forniti dai numerosi summit dei  G7 e G8, capaci, solo loro, di dare termini precisi a fenomeni infinitamente complicati e sostanzialmente imprevedibili. E non parlo ancora del possibile  diritto della nuova finanza globale.

Ecco, la Finanza. Come ripensare il diritto finanziario del futuro?

Finora non siamo andati oltre la proposta della “Tobin Tax”, che servirebbe (ma molto poco)  solamente se la accettassero tutti gli Stati del globo.  Ma ci sarebbe ovviamente sempre qualcuno che, giocando sull’accettazione altrui, farebbe ponti d’oro ai capitali in fuga dall'”area Tobin” .
Ma siamo sicuri che non si possa andare, con nuovi concetti,  oltre la solita tassa?
Non sarebbe magari possibile un accordo, in ambito Fondo Monetario-Banca Mondiale e Banca dei Regolamenti Internazionali, sulle transazioni accettate e quelle non permesse dai mercati, pena l’esclusione temporanea o stabile degli stessi operatori  dal  “mercato-mondo”?
Oggi la rapidità delle transazioni via computer permetterebbe anche la immediatezza della sanzione e la sua universale conoscenza in tempo reale. Tracciare una operazione oggi è semplice, anche se le operazioni stesse sono innumerevoli. E’ solo un problema informatico. E’ vero, la finanza illecita è oggi ben oltre la dimensione mondiale di quella petrolifera, il che è tutto dire,  ma il riciclaggio è un reato non solo rispetto al vecchio diritto personalistico, ma anche in funzione di ben altri parametri.
Se, infatti,  il mercato illecito divenisse quello a maggior rendimento assoluto, cosa ne sarebbe dei mercati leciti, privati dei loro capitali naturali dalla concorrenza della criminalità organizzata? Se tutti finanziano la distribuzione dell’eroina, poi dove saranno i capitali per le manifatture o l’agroalimentare?  E, quindi, occorre inventare oggi, in una nuova possibile Teoria del Diritto, Enti Internazionali che abbiano giurisdizione erga omnes indipendentemente dai confini nazionali, dato che la finanza, oggi, non ha nazione e, peraltro, non paga le tasse in nessun Paese.

Ci sono anche prodotti finanziari nuovi,  di natura spesso poco chiara ai non addetti ai lavoro, e spesso agli stessi investitori. Cosa fare?
Occorrerà che la nuova Teoria del Diritto si interroghi sulle nuove tipologie di contratti finanziari. Oggi i mercati dei derivati valgono, nel mondo, e la cifra sale ogni giorno, 596 trilioni di dollari Usa. Il totale dei depositi bancari, delle azioni e dei bonds trattati oggi, lo ricordo,  vale invece solo 167 trilioni di Usd. Come è possibile sanzionare erga omnes questi mercati, i derivati, che sono peraltro all’origine delle crisi globali dal 2006 ad oggi?
Come si possono stabilire i contratti derivati leciti e quelli illeciti, e chi e come li sanziona quando li verifica sul mercato? Certo, tutti questi titoli sono peraltro  trattati OTC, “over the counter”, fuori dalla visibilità di mercati notoriamente già ristretti.
Certo, la tassazione sui derivati esiste ma è minima, e peraltro i contratti di questo tipo scaricano la responsabilità tra compratore e venditore in modo spesso giuridicamente  discutibile.
La responsabilità creditizia non si compra e non si vende, e la natura di scommessa di questi tipi di contratti ci fa immaginare un qualche azzardo morale.

Ci sono anche i diritti della Persona, che sono nuovi: la riproduzione umana, i rapporti di coppia, la impossibilità di porre, come si è sempre detto, la “famiglia come base della società”. Anche qui, secondo Lei, cosa occorre fare?

Sono sempre più convinto che le norme tradizionali sulla privacy siano oggi  o eccessive e vessatorie oppure lasche e pericolose. Nessuna legge sulla privacy europea ha bloccato il “profiling” da vendere alle aziende per i clienti di Facebook o di altri “social media”. Non vi è nemmeno un limite tra la sperimentazione frankesteiniana sull’uomo e sulla sua riproduzione da un lato, e l’applicabilità ragionevole di nuove scoperte realmente utili.
E’ anch’essa una sfida per il Nuovo Diritto. Che dovrà pensare, qui, al nuovo concetto di “persona” che verrà fuori dalla nuova biologia della riproduzione umana.

Gli Stati come reagiscono al sorgere della “nuova economia” che Lei ha descritto?
Occorre ripensare il concetto di limite: se la moneta unica europea o il Dollaro Usa tendono ad espandere sistematicamente la loro utilizzabilità fuori dai confini dei Paesi Euro-UE o  degli USA, quali sono le determinanti del loro valore medio?
Ovvero, se non c’è un limite, una “lira”, che era appunto  il confine tra i campi, nell’antica latinità, si può appunto “delirare”, perchè il pensiero e la razionalità si basano infine sul limite, sul confine, sul margine invalicabile che sancisce che, chi lo passa, è altro da quello che era prima. Il pensiero è necessariamente un limite, nel senso che definisce i suoi limiti. Lo sapeva  l’indimenticabile Carmelo Bene.
Il bandito che esce dai confini del villaggio, nel diritto primitivo tedesco, va “nel bosco” (Der Waldgang) e ha salva la vita se non varca il confine interno del villaggio che l’ha sanzionato. E’ l’analisi che fa Ernst Juenger nel suo “Trattato del Ribelle”.
Il pensiero, come il diritto, stabilisce confini, “lirae”, e oggi dobbiamo, come giuristi e come filosofi, stabilire le nuove “lirae” di un mondo globalizzato che, come tale, è destinato o a bloccarsi oppure  a funzionare contro i suoi stessi abitanti, fino all’autodistruzione. Se la globalizzazione non produrrà una nuova serie di poteri e influenze regionali, saremo nella condizione di non poter fare le leggi e nemmeno di farle applicare.

Biografie relatori:

Prof. Giancarlo Elia Valori
manager, docente, pubblicista ed economista a respiro internazionale. In passato, ha portato a termine, con successo, le “privatizzazioni di grandi società”: la SME – Società Meridionale Finanziaria e il Gruppo Autostrade (oggi Autostrade per l’Italia S.p.A.). Attualmente è presidente della merchant bank La Centrale Finanziaria Generale S.p.A., della Fondazione Laboratorio per la Pubblica Amministrazione e di Huawei Technologies Italia (il colosso cinese delle telecomunicazioni), della “Cattedra sugli studi sulla pace, la sicurezza e lo sviluppo internazionale presso la Facoltà di Relazioni Internazionali della Peking University, nonché “Professore Straordinario” di Economia e Politica Internazionale nello stesso Ateneo. Autore di importanti iniziative editoriali, è il primo e unico italiano a fregiarsi di un “titolo a vita”, Honorable dell’Académie des Sciences dell’Institut de France”, che fu, più di tre secoli fa, del cardinale Giulio Mazzarino.

Prof. Sergio Santoro
Procuratore dello Stato a soli 23 anni, avvocato dello Stato a 26 anni, magistrato del TAR a 27 anni e Consigliere di Stato a 30 anni. E’ stato Consigliere Giuridico e Capo di Gabinetto di varie Amministrazioni dal 1983 al 2008, nonché Consigliere del Presidente del Consiglio dei Ministri per l’attività di monitoraggio e di trasparenza legislativa dell’Azione di Governo (Berlusconi III).
Attualmente è:
Presidente di Sezione del Consiglio di Stato;
Presidente di Sezione nella Commissione Tributaria Provinciale di Roma;
Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati della Giustizia Amministrativa;
Professore a contratto in cattedre di Diritto amministrativo, Giustizia amministrativa ed Istituzioni di diritto Pubblico, nelle Facoltà di Giurisprudenza e di Scienze Politiche di varie università: LUISS, Gabriele d’Annunzio di Teramo, Università di Roma Tre.

Prof. Oliviero Diliberto
Giurista e docente universitario con un passato da politico. E’ stato deputato per quattro legislature, ministro di Grazia e Giustizia nei due Governi D’Alema, nonché segretario nazionale nel Partito dei Comunisti Italiani. Attualmente è professore ordinario di Diritto romano presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” di Roma. Come esperto in Diritto e di fama internazionale ha collaborato, in qualità di consulente, per le istituzioni della Repubblica Popolare Cinese. Come studio di Diritto Romano ha pubblicato apprezzate ricerche sulla “cura furiosi” e sulla “episcopalis audientia”.

Foto: Giancarlo E. Valori con il Presidente della Prc, Xi Jinping

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