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Nuovi valichi montani, i cacciatori non ci stanno

Nuovi valichi montani, i cacciatori non ci stanno. Circa 942 ettari di boschi e prati (in parte al confine con le Marche) nei quali non si potrà cacciare.

E così i presidenti delle associazioni umbre Federcaccia, Arci Caccia, Anuu, Cpa, Enalcaccia e Libera Caccia hanno scritto all’assessore Roberto Morroni chiedendo che la Regione revochi la decisione assunta. Del resto, evidenziano le associazioni venatorie, nelle sedute di consulta è stato evidenziato come la proliferazione dei cinghiali (tema che ha portato all’istituzione di un Tavolo regionale permanente) sia anche conseguenza delle aree protette dove questi animali possono rifugiarsi e riprodursi.


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Le associazioni ritengono che i nuovi valichi, come altri già esistenti, non hanno una qualità tale da giustificarne la tutela. E invece si continua a limitare quasi del 5% l’anno la superficie dove la caccia è consentita.

Perché il valico montano, per proteggere le rotte migratorie, disegna un cerchio del raggio di un chilometro in cui non si può cacciare, con un forte impedimento soprattutto per la caccia al cinghiale. Tra l’altro per proteggere una fauna migratrice che secondo i cacciatori umbri non corre alcun pericolo.

Inoltre le associazioni contestano le valutazioni tecniche che hanno portato ad istituire i tre valichi montani a Bocca Trabaria, Fossato di Vico e Carosina. Che, trovandosi a basse quote, rischiano di diventare luoghi eccezionali per lo svernamento dei cinghiali.


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Per queste le associazioni venatorie giudicano l’istituzione dei tre valichi montani “un atto anacronistico e contro la caccia programmata di oggi“. Un atto che, sottolineano, non trova riscontro nelle scelte delle confinanti Regioni Marche e Toscana.