La proposta arriva dalla Consulta delle Aggregazioni laicali della Diocesi tifernate "Allargare i confini a tutto l'Altotevere, con Sansepolcro e Castello al centro: territori, cultura e storia simili sono più favorevoli ad azione pastorale omogenea"
Manca meno di un mese al “pensionamento” del vescovo di Città di Castello mons. Domenico Cancian – il prossimo 6 aprile terminerà il proprio episcopato (iniziato nel 2007) per raggiunti limiti di età (75 anni) – e in queste ore la Consulta delle Aggregazioni laicali tifernati ha illustrato una prima proposta riguardante la riorganizzazione della Diocesi.
A dispetto dei rumors insistenti che vorrebbero la Diocesi di Città di Castello accorpata a quella di Gubbio (nell’ambito della relativa riforma avviata da Papa Francesco) ben 15 associazioni di fedeli laici hanno ritenuto doveroso esprimere la loro adesione all’ipotesi di costituire una nuova diocesi per tutto l’Altotevere, che vada da Pieve Santo Stefano, passando per i centri più rilevanti di Sansepolcro e Città di Castello, fino a Umbertide.
“Tale ipotesi – spiega Marcella Monicchi, segretaria della Consulta – è da considerare con particolare attenzione dal momento che nel territorio sussistono caratteristiche geografiche, demografiche, culturali e sociali favorevoli ad un’azione pastorale omogenea, che diventa più praticabile ed efficace quando ci siano continuità territoriale, affinità culturali, frequentazioni familiari, comuni opportunità di lavoro e studio, stesse vie di comunicazione e simile passato storico”.
La proposta delle 15 aggregazioni laicali sarà ora inoltrata alle istituzioni che avranno vero potere decisionale su questa delicata scelta, ovvero Cei, Presidente conferenza episcopale umbra e Nunziatura apostolica in Italia, “affinché tengano conto delle peculiarità del territorio altotiberino nella sua interezza e non prendano decisioni basandosi solo sulla geografia amministrativa e su dati quantitativi, che non esprimono pienamente le caratteristiche di questa area e della popolazione che la abita“.
“Non vogliamo – conclude Monicchi – che questa proposta abbia risvolti di carattere politico né rivendichiamo campanilismi. Vogliamo solo il bene reale della comunità, che può allargarsi e fare frutto di esperienze vicine. Il nostro è un contributo alla vitalità della chiesa. Abbiamo guardato la realtà che ci circonda prima di fare la proposta. Non c’è stata una consultazione aperta ma i rapporti interpersonali con altri Comuni fanno pensare che ci sia questa disponibilità”.
Non è stata esclusa, infine la possibilità di un ulteriore allargamento verso i Comuni marchigiani limitrofi di Apecchio e Piobbico, “realtà da sempre fortemente legate al nostro territorio”.