Cronaca

Norcia, un testimone “Emanuele colpito da Cristian alle spalle”

Emanuele Tiberi quella notte avrebbe detto a Cristian Salvatori di lasciarlo stare, venendo poi colpito da dietro. Il violento pugno che lo ha ucciso il 29 luglio, insomma, sarebbe stato sferrato alla nuca e non al volto. È quanto ha raccontato agli inquirenti un testimone che era presente quella tragica notte a Norcia. A rivelarlo sono i legali che tutelano gli interessi della famiglia Tiberi, del papà Ernesto, della mamma Simonetta e dei fratelli di Emanuele, scomparso a 33 anni non ancora compiuti: gli avvocati Giovanni Ranalli e Francesco Cipriano del foro di Terni e Andrea Andreini del foro di Spoleto.

In una lunga nota la famiglia di Emanuele rompe il silenzio dopo il clamore mediatico emerso dopo la perizia informatica sul video che ha ripreso alcuni istanti prima di quel drammatico pugno sferrato da Salvatori e sulle chat whatsapp tra alcuni giovani di Norcia il giorno dopo. I genitori del ragazzo morto ribadiscono quanto già evidenziato nei giorni scorsi da Tuttoggi.info, rivelando anche alcuni dettagli in più su quanto sta emergendo dalle indagini. Il tutto mentre si è in attesa dell’esito dell’istanza avanzata dagli avvocati dell’omicida davanti al Tribunale del Riesame per chiedere la sua scarcerazione o quanto meno la concessione degli arresti domiciliari in una comunità del riminese.


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Sono i difensori della famiglia Tiberi, quindi, in attesa del deposito della perizia del medico legale incaricato dal Tribunale di Spoleto (a cui le parti offese hanno affiancato un consulente di parte, la professoressa Cesarina Colacecchi) a rivelare l’esistenza di un testimone che ha visto Cristian Salvatori colpire il suo coetaneo da dietro.

Il racconto del testimone: il pugno sferrato alla nuca

In una lunga nota, gli avvocati evidenziano che “il silenzio mediatico della famiglia Tiberi – posto in essere nei giorni successivi al tragico evento e sino ad oggi mantenuto – è stato determinato dalla precisa volontà dei genitori di Emanuele di evitare strumentalizzazioni in un momento delicato delle indagini, nonché al fine di permettere alla Magistratura di svolgere il proprio operato in modo sereno. La famiglia di Emanuele ha piena fiducia nell’attività della Magistratura, nella speranza che si giunga ad una definizione quanto più celere della vicenda nelle sedi giudiziarie competenti; ciò per ottenere una giustizia che, in ogni caso, non potrà restituire loro il proprio caro. Precisato quanto sopra, occorre rilevare che per quanto a conoscenza delle persone offese, le indagini hanno provato che Emanuele è stato colpito alle spalle (e non di fronte), con un violento pugno alla nuca (e non al volto), sferrato dall’omicida.

Un testimone oculare, presente alla scena a pochi centimetri dai due ragazzi, ha affermato che Emanuele non aveva ceduto alle provocazioni dell’omicida, ma, anzi, lo aveva esortato a “lasciarlo stare”. Il testimone ha riferito che, stante l’insistenza di Cristian Salvatori, Emanuele si era allontanato dallo stesso insieme al testimone. Tuttavia, Emanuele veniva raggiunto alle spalle dall’omicida che gli sferrava un violentissimo colpo “da dietro” e senza possibilità di difesa alcuna”.

“Non è stato un gioco di morte”

“Tali evidenze istruttorie – evidenziano Andreini, Ranalli e Cipriano – risultano essere state adeguatamente valutate dal Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale di Spoleto, il quale ha negato gli arresti domiciliari all’omicida con le seguenti motivazioni: “…la richiesta di revoca non può ritenersi meritevole di accoglimento, atteso che il grave quadro indiziario emerso a carico del prevenuto e le esigenze cautelari evidenziate nell’ordinanza applicativa della misura in corso di esecuzione, appaiono tuttora sussistenti anche in considerazione del fatto che, nelle more, non sono intervenuti ulteriori elementi di novità tali da modificare o attenuare la posizione del prevenuto”. Si tratta, pertanto, tutt’altro che di un “Gioco di morte” – cosi come riportato da alcuni organi di stampa – ma di una scellerata azione violenta con esiti fatali.

Da Salvatori nessuna proposta concreta di risarcimento

Come scritto in anteprima mercoledì da Tuttoggi, gli avvocati della famiglia Tiberi ricordano anche come la disponibilità al risarcimento danni manifestata da Salvatori e resa nota dai difensori di quest’ultimo in realtà sia generica, come evidenziato anche dal gip di Spoleto nell’ordinanza del 30 ottobre. “Si evidenzia, peraltro, – spiegano – che la citata lettera è stata inviata da un precedente difensore del Salvatori e che, nella lettera stessa, non si offre alcuna somma di denaro, né si mettono a disposizione eventuali beni per il risarcimento. Non sono, poi, seguiti – fino a tutt’oggi- ulteriori atti formali e/o sostanziali di offerta di risarcimento”.

“La strumentalizzazione dei fatti così come prospettata e la necessità di ricondurre la vicenda alla verità fattuale – aggiungono Andreini, Ranalli e Cipriano – ha determinato i genitori di Emanuele a rompere il rispettoso silenzio nel quale si erano chiusi dopo il tragico evento. La memoria del povero Emanuele è stata ingiustamente avvicinata a comportamenti violenti lontani dal suo stile di vita, mettendo in tal modo sullo stesso piano vittima e aggressore”.