Non ci si ammala solo di Covid. Anche se, direttamente o indirettamente, il Coronavirus ha creato e sta creando molti disagi a chi soffre di altre patologie. Costretti a vedersi rinviare visite e interventi, se non veramente urgenti.
La prima ondata Covid e il lockdown, da marzo, comportarono di fatto il blocco quasi completo anche delle altre strutture sanitarie. “Inevitabile” dice oggi il direttore Sanità della Regione Umbria, Claudio Dario. Che ricorda come oggi si conosca meglio il Covid, si disponga di dispositivi individuali di protezione per il personale sanitario e si abbiano strumenti e conoscenze senza bloccare il resto dell’attività sanitaria. Pur in presenza, in Umbria, di un numero di contagi dieci volte superiore e di un numero doppio di ricoveri ospedalieri di pazienti Covid.
Una diversa situazione che ha consentito “di non dover mai spegnere completamente il motore sanitario”. Perché questo, ribadisce l’assessore Luca Coletto, è stato l’obiettivo: non fermare l’attività sanitaria tradizionale. Ed anzi recuperare visite specialistiche e interventi rimasti indietro durante il lockdown.
Coletto parla di “ottimo recupero” per quanto riguarda le visite specialistiche, con il 10% di quelle accumulate in primavera che sono rimaste indietro. Ed anche per l’attività di screening sono stati inviati tutti gli avvisi, con un’adesione superiore al 90%.
Tanto che Aziende sanitarie e ospedaliere contano di recuperare entro la fine dell’anno visite e interventi rinviati in primavera.
All’ospedale di Perugia, ricorda il commissario Giannico, dopo una prima settimana di riorganizzazione dovuta alla seconda ondata Covid sono state riaperte agende e attività ambulatoriali per tutte le attività ambulatoriali. E così delle 54 mila prestazioni sospese durante il lockdown ne sono rimaste da recuperare circa 2.400.
Quanto alle attività chirurgiche, con precedenza a quelle di tipo oncologico, queste sono riprese anche grazie alla convenzione con le cliniche private.
All’ospedale di Terni sulle rispetto alle 13.371 prestazioni da recuperare ne sono rimaste 370. L’attività ambulatoriale chirurgica – spiega il commissario Chiarelli – garantisce più del 70% dell’attività. Mentre l’attività chirurgica ordinaria sta proseguendo.
A Terni si ricorre alle cliniche private (presenti a Perugia e Spoleto) unicamente per i pazienti residenti nel nord dell’Umbria.
Il commissario della Usl1, Gentili, evidenzia come l’esperienza abbia indotto questa volta ad evitare prestazioni inevase. Molte delle quali sono comunque legate al Covid, ad esempio nel caso di prestazioni a parenti di persone positive.
Il commissario della Usl2 De Fino ricorda come in questa seconda fase sia stata mantenuta l’attività ordinaria, attuando un recupero delle prestazioni rinviate in primavera anche attraverso le attività dei distretti.
Delle 64 mila prestazioni rimaste indietro (più 3 mila dello scorso gennaio – febbraio) ne restano 10 mila.
De Fino spiega la difficoltà affrontata con la trasformazione, dal 22 ottobre, del presidio di Spoleto in ospedale Covid. Con l’attivazione di 80 posti letto di cui 15 in terapia intensiva. Con la possibilità di attivarne da subito altri 20 e ulteriori 15 in caso di bisogno.
De Fino evidenzia come comunque le attività dialitiche, oncoematologiche, screening radiografici, mammografie ed altre prestazioni siano garantite all’ospedale di Spoleto. Mentre altre attività ambulatoriali siano state spostate nella struttura di via Manna.
L’attività chirurgica è stata spostata una parte a Foligno. Un’altra, quella a bassa intensità, sarà effettuata all’ospedale di Assisi. Proprio questa mattina i rispettivi direttori sanitari si sono incontrati per concordare le modalità.
Una notizia che arriva proprio mentre al Consiglio comunale di Spoleto si lamentano centinaia di persone in attesa di prestazioni.
Tutti i commissari, così come il direttore Dario e l’assessore Coletto, sottolineano come il ricorso alle cliniche private avvenga in seconda battuta. Mentre la prima risposta si cerca all’interno di altre strutture del sistema sanitario pubblico regionale.
E se nella prima fase si era chiesto alle cliniche private la disponibilità di ventilatori per le sale operatorie e poi la possibilità di effettuare interventi chirurgici programmabili, questa volta l’ausilio dei privati sia esclusivamente per ridurre le liste d’attesa.