Perugia

Nodino di Perugia, quei 7 km che dividono territori e professionisti

Si accende il dibattito intorno al Nodino di Perugia. Progetto che, oltre ai territori, ora divide anche i professionisti. Tanto che AIPAC (l’Associazione di ingegneri per la protezione dell’Ambiente e del Costruito, con cui l’Ordine degli Ingegneri di Perugia ha in atto una convenzione), ha emesso una nota, a firma del presidente Giuseppe De Mase, in cui si afferma che AIPAC “non si esprime in merito alcuno in relazione alla tematica trattata”. Per spiegare che l’intervista a canale 11-Trg dall’ing. Alessandro Severi “è stata rilasciata a titolo personale”.


Nodino di Perugia, così
la simulazione sul territorio: le immagini


L’intervista a Severi

Nella puntata di venerdì sera de “Le Interviste”, prodotta da Nuovo Giornale Nazionale e curata da Giuseppe Castellini, con regia e montaggio di Gamma Mutimedia Italia di Roberto Sportellini (replica lunedì alle 19 su Trg) l’ingegner Alessandro Severi, presidente onorario Associazione Aipac Ingegneri, l’Associazione di Ingegneri per la protezione dell’ambiente e del costruito, critica duramente il progetto, della variante di 7 km da Collestrada a Madonna del Piano. Un intervento da 209 milioni di euro.

“Progetto vecchio”

Tre gli aspetti critici, secondo Severi. Innanzi tutto, è un progetto vecchio di 20 anni, che già allora mostrava gravissime carenze e che per questo fu contestato.


Ok al Nodino di Perugia:
i 7 km per superare le attuali gallerie


Traffico, Severi: Nodino inefficace

Per l’ingegner Severi il Nodino sarà inefficace, perché interviene sul 15% del traffico, mentre il problema del restante 85% del traffico, che grava sul tratto Collestrada – Ponte san Giovanni, non viene toccato e quindi non risolvendo il problema a fronte di una spesa di 209 milioni di euro che meglio potrebbe essere utilizzata per aggredire, con una seri di interventi che l’ingegneri precisa, i problemi reali del congestionamento del traffico nel tratto Collestrada-Ponte San Giovanni.

I danni ambientali, storici e paesaggistici

Inoltre si evidenzia come l’opera, che prevede quasi due chilometri di gallerie e molti viadotti, crei un gravissimo vulnus a tutti quei vincoli naturalistici, paesaggistici, storici e architettonici posti a salvaguardia delle aree interessate. A cominciare dal fatto che, oltre alle norme già esistenti a tutela del paesaggio, il Ministero dell’Ambiente con Decreto ha designato la zona come SIC/ZSC – Zona speciale di conservazione dei “Boschi a farnetto di Collestrada Perugia”.

Non a caso tutti i piani o progetti che possano avere incidenze significative sul sito devono essere soggette a ‘Valutazione di Incidenza Ambientale’.

“Questo ulteriore e successivo vincolo – afferma l’Ing. Severi – già da solo, senza considerare gli altri impatti (come lo stravolgimento di numerose sorgenti e delle falde acquifere, il peggioramento dell’inquinamento acustico ed atmosferico con inevitabile ricaduta sulla vegetazione e sui flussi migratori tra l’ansa degli Ornali del Tevere e il bosco, il pregio del cono panoramico, con la sua particolare morfologia visibile da ogni punto stradale, la tutela del borgo medioevale e così via), avrebbe dovuto dissuadere dal progettare qualcosa di così devastante da lasciare per decenni una cicatrice profonda nella collina di Collestrada”.

Le pressioni degli industriali per l’opera

Da anni la soluzione del Nodo di Perugia è considerata strategica da Confindustria. Con gli imprenditori che ora, di fronte all’opportunità di inserire il Nodino nel Recovery Plan, spingono perché non si tenga tempo. Ricordando i vantaggi per la viabilità, ma anche il moltiplicatore per un’economia pesantemente segnata dalla crisi economica (ormai da anni per il settore delle costruzioni) ed ora dalla pandemia.

Il “no” di Italia Nostra

Il presidente di Italia Nostra Perugia, Luigi Fressoia, continua a ribadire il “no” all’opera. Ricordando che “il tappo è nell’unica corsia della rampa che sale a Perugia (che converrebbe raddoppiare), però il Nodino va verso Deruta!”.

L’altro aspetto è quello dei fondi: “Buttare tutto il Recovery umbro sulla sola mobilità automobilistica, ignorando le possibilità di una metropolitana regionale di superficie fondata sui cinque rami ferroviari esistenti, è il contrario della transizione ecologica e delle migliori prospettive per le nuove generazioni, è il contrario della valorizzazione del patrimonio ambientale e storico, è conferma di consolidati difetti nazionali, chiamare “investimento” (che è una spesa produttiva ripagata nel tempo) ciò che in verità si configura come spesa e basta, che finirà presto, e aggraverà il peso del debito pubblico già ora insostenibile”.


Nodino di Perugia, il “no”
di Comitati e ambientalisti


L’appello agli imprenditori “senza denaro pubblico”

“Dichiarazioni di imprenditori probabilmente interessati ad appalti anche prescindendo da qualsiasi reale utilità pubblica dell’opera, cui purtroppo siamo abituati da decenni – prosegue Fressoia – non spostano i termini delle critiche fondate pervenute da esperti, dall’università, da imprese agricole, agrituristiche e di altra natura, da famiglie con abitazioni rovinate, da comitati di zona, associazioni e comunità. Un euro speso in infrastrutture ne genera 3,5 quando l’opera è necessaria, non quando è inutile”.

E si lancia un sasso nel mondo dell’imprenditoria, per distinguere quella che “senza denaro pubblico sa produrre ricchezza per tutti”.