Grande festa domenica 14 aprile a Spoleto per i 109 anni di Domenica Giovannetti, “Ninetta”. Originaria di Monteleone di Spoleto, ma spoletina ormai da decenni, è la donna più anziana della città, la seconda supercentenaria dell’Umbria. Storica cuoca della caserma dei carabinieri, ieri è stata festeggiata dalle figlie Annarita, Erina, Ernesta e Maria, da nipoti e parenti.
A ripercorrere la storia della vita di Domenica Giovannetti è stata nella giornata di domenica Sergio Grifoni, profondo conoscitore della storia locale ma soprattutto nipote della supercentenaria.
Di seguito il racconto fatto dallo stesso Grifoni.
“Nella giornata di oggi, Domenica Giovannetti, per me zia Ninetta, compie ben 109 anni. Non sto esagerando: sono proprio 109. Ritengo doveroso ricordarlo, visto che in assoluto è la persona più longeva di Spoleto.
Se la batte alla grande anche a livello regionale, contendendosi tale record di vita vissuta con un’altra “giovanottona” di Foligno che, se ancora vivente, e mi auguro di si per lei, ha qualche mese in più. Quando si ha vent’anni, un mese in più, uno in meno, poca differenza fa.
A questa veneranda età anche i minuti sono preziosi. Ninetta è nata a Monteleone di Spoleto, il 14 aprile del 1915, praticamente quaranta giorni prima che Vittorio Emanuele III inviasse all’Ambasciatore Italiano a Vienna la dichiarazione di guerra. Era il primo conflitto mondiale, quello dei “diciannovenni al fronte che ancora chiamavano mamma.”
La sua era una famiglia di agricoltori, che viveva in un casolare a vocabolo Casale Bocco, sufficientemente capiente, visto che i coniugi Giovannetti avevano ben undici figli. Una squadra di calcio, anche se dove operavano non era un campo da gioco.
Quando la neonata Domenica emise il suo primo vagito in quella valle insaporita dal farro, undici erano anche gli anni trascorsi dal giorno in cui Isidoro Vannozzi aveva scoperto la famigerata Biga in una necropoli etrusca, nel vicino Colle del Capitano. Fu però un trafficante di antichità, l’anno successivo, a trafugarla e cederla ad un acquirente di New York. E così il prestigioso reperto storico emigró oltre oceano insieme a migliaia di italiani. Era il 1985 quando gli allievi della famosa scuola del Manzù ne riprodussero poi una copia identica, presentandola in occasione delle celebrazioni etrusche. Domenica a quel tempo aveva già settant’anni. Giusto per precisare.
Secondo me lei sta resistendo tenacemente per ricordare il ritorno della Biga nella sua terra natìa! Sposò Gino Smarrocchia, un giovane spoletino senza tante pretese, con la testa sulle spalle, forgiate lungo gli impervi declivi dei castagneti dirimpettai alla Vallocchia. La casa paterna di Borgiano non era in grado però di ospitare i neo sposini e così la giovane coppia decise di stabilire la propria dimora a Monteleone per continuare a fare i contadini. La terra era bassa anche per loro. Spesso riesce a dar da mangiare, ma non sempre sfama. E così il mite Gino si rimboccò le maniche, preparò la classica valigia di cartone e si trasferì nel nord Italia per lavorare in miniera. Quello era il destino di tanti in quegli anni, che per vivere in superficie, dovevano lavorare sotto terra.
Iniziarono poi i lavori di costruzione della nuova Flaminia fra Terni e Spoleto. Gino riuscì ad essere assunto da una delle ditte interessate. L’opportunità lavorativa portò a far trasferire la famiglia da Casale Bocco in un appartamento di via degli Scaloni, a ridosso della Ponzianina.
Ninetta aveva quasi quarant’anni, con quattro bambine piccole da accudire: Annarita, Erina, Ernesta e Maria. Per aiutare economicamente la baracca, incominciò ad operare come collaboratrice domestica presso una famiglia benestante di Pallazzo della Genga, all’ombra del Duomo. Allora si diceva “andare a servizio”. Fu probabilmente grazie a questa sua particolare frequentazione sociale che, avendo le giuste referenze, fu poi assunta quale cuoca presso la caserma dei Carabinieri, allora ubicata in piazza fratelli Bandiera, all’angolo di piazza del Mercato. Benemerita era l’arma e benemerita anche la considerazione che tutti avevano di lei: estroversa, gioviale, energica.
Ha sempre amato leggere, fare i conti e cantare, soprattutto gli stornelli popolari che, con la sua voce argentina, si impregnavano di emozionalità. Erano gli anni in cui Spoleto, dopo la tragedia delle Miniere, stava respirando il profumo inebriante di un Festival strano targato Giancarlo Menotti. Erano gli anni dei primi televisori, dell’orchestra Carriero e delle serate alla Casina dell’Ippocastano, di Remo Venturi e del marciatore Minci, della Festa dell’Uva, della Bufera, del nuovo stadio Comunale e del Giardino dello sport.
Ninetta, uscita dal lavoro, si fermava spesso nel piccolo negozio del fotografo Giorgio Lucarini, un giovane marchigiano diventato nel frattempo marito della figlia Erina. Quello stabile negli anni passati era stato la saletta privata del ristorante Sabatini, riservata agli allievi ufficiali di complemento di via Cerquiglia, nei loro momenti di libera uscita. Sicuramente faceva una capatina anche in via Porta Fuga, per salutare l’altra figlia Ernesta, commessa nel rinomato negozio di scarpe di Egidio Colis, insieme all’altra spumeggiante collega Evelina.
Poi il tempo, inesorabilmente, è passato, con tutti gli accadimenti propri della quotidianità e della straordinarietà. Magari lei non li ricorda tutti questi momenti della sua vita, ma l’importante è che, ancora una volta, riesca a spegnere, almeno col pensiero, una sfilza di candeline che, se posizionate ad una distanza di cinque centimetri una dall’altra, richiederebbero una torta di quasi sei metri di circonferenza. Una dura prova anche per i bravissimi pasticcieri spoletini. Sicuramente ci penseranno le figlie, i suoi dieci nipoti ed i pro nipoti ad aiutarla a rinnovare il rito cerimonioso di questo esclusivo ed invidiabile traguardo. In attesa che la biga ritorni! Auguri di cuore zia Ninetta!“.