“Non possiamo riaprire con i numeri quantomeno proposti nei protocolli di azione e non abbiamo nemmeno le risorse per poter rimanere vivi fino a settembre”. È il grido di allarme dei titolari dei nidi privati, insieme a educatori, insegnanti e anche qualche genitore, andato in scena ieri pomeriggio a Perugia.
Proposta come una manifestazione “educata ed educante”, la protesta dell’Associazione unitaMente nidi, scuole dell’infanzia e servizi educativi 0/6 privati ha mantenuto le promesse: mascherine e distanziamento sociale, ma anche cartelli per lanciare un grido d’allarme per un mondo che rischia di scomparire, portando con sé tanti professionisti che gli gravitano intorno.
Per le scuole paritarie si è già provveduto. Nell’ultima versione del decreto Rilancio, quella poi firmata dal Presidente della Repubblica, all’articolo 233 è stato inserito un nuovo stanziamento di 70 milioni per la riduzione o il mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni comunque denominate, risorse che vanno ad aggiungersi ai 65 milioni di euro per le scuole materne paritarie presenti nella prima versione del decreto e ai 15 milioni di incremento del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione, che porta il totale dei contributi per i servizi tra 0 e 6 anni a 80 milioni di euro.
Ma i manifestanti si stanno coordinando a livello nazionale, per richiedere l’assunzione di alcune misure a sostegno della categoria, visto che i decreti precedenti hanno sospeso, tra l’altro, l’offerta dei servizi scolastici ed educativi, determinando la chiusura dell’attività.
“La peculiarità dei nidi privati – spiegavano i manifestanti di Associazione unitaMente nidi, scuole dell’infanzia e servizi educativi 0/6 privati nei giorni scorsi – è fornita da un’economia che si basa sulle sole rette per cui con la sospensione imposta correttamente alle nostre attività diventa difficile la riscossione delle rette stesse per il medesimo periodo di riferimento con l’impossibilità di offrire il servizio contrattualmente pattuito per volontà pubblica (ossia la custodia dei bambini nelle ore previste con i servizi di mensa / refezione e assistenza fornita da personale qualificato)“.
“Dall’altro lato – scrivono ancora i titolari dei nidi privati – ci troviamo al contempo ad affrontare le richieste dei genitori che non ricevendo il servizio vorrebbero ottenere la restituzione delle rette corrisposte o essere esentati dal pagamento per il periodo di sospensione didattica. Tuttavia, com’è evidente, senza alcuna entrata in caso di mancato pagamento delle rette da parte dei genitori, le nostre attività sono destinate a chiudere con conseguente perdita di occupazione in modo consistente. Nel nostro comparto, le attività più piccole hanno circa 3-4 dipendenti e le più grosse superano i 30 addetti tra dipendenti e collaboratori. Questa situazione pocanzi descritta ci costringe ad enormi sacrifici diretti, da un lato, al pagamento del personale nonostante non venga svolta alcuna attività lavorativa da parte degli addetti, dall’altro lato, al pagamento dei costi per locazioni, mutui e finanziamenti, imposte e forniture“.