Categorie: Economia & Lavoro Perugia

Nestlè, 1000 dipendenti in agitazione / La rottura delle trattative

Lo stato di agitazione degli oltre 1.000 dipendenti del gruppo Nestlè Italia, il blocco delle flessibilità e degli straordinari, con la convocazione delle assemblee dei lavoratori: queste le iniziative decise dal coordinamento sindacale del gruppo alimentare Nestlè e dalle segreterie nazionali di Fai, Flai e Uila dopo l'incontro con la dirigenza di venerdì scorso a Milano sul contratto integrativo. Su cui c'è stata, dicono i sindacati, la “indisponibilità di Nestlè” ad un confronto separato dalla riorganizzazione. E così è arrivata la rottura delle trattative.
E' Sara Palazzoli, segretaria Flai dell'Umbria, ad entrare nel dettaglio della vertenza. “La questione – ricorda – è sempre quella della cosiddetta 'curva bassa' produttiva che riguarda sia il cioccolato prodotto nello stabilimento Perugina di San Sisto”, dove si producono i 'Baci', “sia il gelato dei siti di Parma e Ferentino, in provincia di Frosinone. Su questa problematica, da tre anni la dirigenza Nestlè torna alla carica con ricette diverse per risolvere il problema costituito, dal loro punto di vista, dall'eccesso di dipendenti full time in questa fase di calo produttivo. Prima – ricorda ancora Palazzoli – ha cominciato proponendo il cosiddetto 'patto generazionale' tra padri dipendenti e figli, poi quest'anno la cassa integrazione. Ora subordina il confronto sull'integrativo alla riorganizzazione del lavoro nei tre siti italiani: una soluzione – ribadisce la segretaria di Flai Umbria – per noi inaccettabile, prima di tutto per la differenza di situazioni fra i tre stabilimenti. E poi perchè – prosegue Palazzoli – il nostro obiettivo è che Nestlè ci dica quali sono le sue intenzioni per quanto riguarda il proprio futuro in Italia, con tutto ciò che segue per le strategie di mercato. Vogliamo parlare anche, e soprattutto, di questo, nell'incontro già fissato per il 16 aprile prossimo in Confindustria a Perugia. Un fatto è certo – conclude Palazzoli – e cioè che Nestlè non può scaricare sui lavoratori un calo produttivo e di vendite dovuto anche alle scelte del management”.