L’Italia da svariato tempo è finita in una trappola demografica “figlia” della bassa natalità che, anno dopo anno, tende ad autoriprodursi, favorendo il restringimento della platea delle donne che potenzialmente possono diventare madri. E anche l’Umbria purtroppo non fa eccezione, anche considerato che l’Italia dapprima ha dovuto prendere atto della diminuzione dei potenziali nati e poi anche delle potenziali madri (le donne di età compresa convenzionalmente tra i 15 e i 49 anni) che negli ultimi vent’anni sono diminuite di circa 1,5 milioni.
Secondo i dati raccolti dall’Agenzia Umbria Ricerche, il numero medio di figli per donna in Umbria nel 2022 è di 1, un dato migliore solo di quello della Sardegna è l’unica a scendere addirittura sotto quota 1 ovvero a 0,95. Nello specifico, osservando il numero medio totale di figli per donna in Italia il dato del 2022 (ultimo disponibile) si attesta a 1,24; nel 2008 era pari a 1,44.
Zoomando sul 2022 delle singole regioni emerge che la Sardegna è l’unica a scendere addirittura sotto quota 1 ovvero a 0,95; la performance migliore la fa registrare il Trentino-Alto Adige con 1,51. Il minimo storico di nati per mille abitanti si è toccato nel 2022 con un valore pari a 6,7; nel 2008 erano 9,6.A livello regionale i dati dell’ultimo anno disponibile (2022) ci dicono che il territorio che fa meno bene è, anche in questo caso, la Sardegna (4,9 x 1000), mentre quello che fa meglio è il Trentino-Alto Adige con 8,3 x 1.000, seguito dalla Campania (7,9 x 1.000) e dalla Sicilia (7,6 x 1.000). L’età media al parto nel 2022 in Italia si è attestata a 32,4 anni. Allo stesso modo si comportano Umbria, Piemonte, ed Emilia-Romagna. L’età minima la si registra in Sicilia con 31,4, mentre quella massima la si ha in Basilicata con 33,1 – che in questo caso fa peggio della Sardegna.
“Una delle conseguenze di questo fenomeno – dice l’Aur – è il netto aumento delle famiglie di dimensioni ridotte, caratterizzate sempre più dall’avere un solo figlio, che finiscono con l’incidere negativamente sull’invecchiamento della popolazione, ovvero sull’innalzamento dell’età media dei suoi componenti e quindi sulla crescita della quota di anziani sul totale. Qualche dato. L’età media degli italiani tra il 2012 e il 2022 si è alzata di ben 3 anni (da 43,2 a 46,2) e l’indice di vecchiaia è cresciuto di quasi quaranta punti percentuali (da 148,6 a 187,6). In pratica, volendo usare un linguaggio più diretto, siamo di fronte ad uno scompenso generazionale frutto di una crescita (alquanto veloce) della popolazione in età matura che va a sfidare gli equilibri socioeconomici del Paese. Si pensi, a tal proposito, all’inevitabile lievitazione dei conti pensionistici e/o delle spese sanitarie. Ciò premesso, andiamo per gradi. Dapprima analizziamo cosa ci dicono i dati sul fronte fecondità/natalità. Dopodiché ci concentreremo sul perché nelle coppie italiane c’è un orientamento che ha sdoganato il modello riproduttivo del “figlio unico” (forse)”. (Foto di Janko Ferlič su Unsplash)