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Multe “fantasma” della polizia provinciale, in 4 condannati a risarcire

Multe non correttamente notificate o non inviate nei tempi e dunque nulle, sanzioni pagate in contanti con i soldi non versati poi nelle casse della Provincia di Perugia: si è conclusa con la condanna di 4 persone da parte della Corte dei conti la vicenda relativa alle “multe fantasma” emesse dalla polizia provinciale di Perugia tra il 2011 ed il 2014.

Una vicenda che vede in parallelo anche un’inchiesta penale per peculato nei confronti del maresciallo (poi sospesa) della polizia provinciale Monia Mattiacci, condannata intanto dalla magistratura contabile al risarcimento del danno erariale per oltre 83mila euro, riconoscendo nei suoi confronti il dolo diretto. Insieme a lei la Corte dei conti ha disposto un risarcimento in favore della Provincia di Perugia da parte di Michele Fiscella per 41.774mila euro, di Stefano Mazzoni per 33.419 euro e di Luca Lucarelli di 8.354 euro, oltre alle spese di giudizio, con gli ultimi tre accusati di dolo eventuale.

È dato inconfutabile ed inconfutato – scrivono i giudici della Corte dei conti nella sentenza – che, negli anni 2011- 2014, la gestione e la notifica dei verbali relativi alle violazioni delle disposizioni del Codice della Strada e l’esazione delle relative sanzioni da parte della polizia provinciale di Perugia siano state svolte in modo non corretto e puntuale, come comprovato dal numero rilevante delle sanzioni non riscosse per prescrizione o decadenza“. Gestione delle sanzioni che veniva svolto “in modo esclusivo, o comunque preminente, dal maresciallo Mattiacci”.

I giudici nella sentenza analizzano poi la posizione dei dirigenti dell’ufficio di polizia provinciale di Perugia che si sono succeduti in quegli anni, Fisichella (che aveva segnalato anomalie alla Corte dei conti nel 2018, facendo scattare l’inchiesta), Mazzoni e Lucarelli. “Secondo giurisprudenza costante e consolidata, infatti, in caso di prescrizione di un credito erariale, rispondono del relativo danno tutti i soggetti che si sono alternati nell’incarico, ognuno in proporzione al periodo di svolgimento del servizio”. Da qui la condanna – pur se in misura minore – anche nei loro confronti.