Categorie: Cultura & Spettacolo Foligno

MOSTRA DEL PIERMARINI A FOLIGNO: IERI LA PREZIOSA CONFERENZA-SHOW DI PHILIPPE DAVERIO (foto Tuttoggi)

di Carlo Vantaggioli

Ieri a Foligno l'ultimo appuntamento con i personaggi, che hanno commentato e partecipato a vario titolo alla mostra “Giuseppe Piermarini tra barocco e neoclassico Roma, Napoli, Caserta, Foligno”. La mostra chiuderà ufficialmente i battenti il prossimo 2 Ottobre e ieri, a concludere la serie degli incontri sul tema, c'era come ospite d'eccezione il Prof. Philippe Daverio per una conferenza sul tema “Giuseppe Piermarini e la città borghese ed europea”.

La sala convegni di Palazzo Trinci era già piena ancor prima dell'inizio della conferenza al punto che gli organizzatori hanno anche aperto una sala supplementare servita di un ottimo servizio di audio-video proiezione che ha consentito alle numerose persone presenti di poter godere comodamente dell'intervento di Daverio.

Il noto critico d'arte è sicuramente molto conosciuto per le sue apparizioni televisive come conduttore della trasmissione d'arte ” Passepartout” in onda la domenica su Rai3. Ma assistere ad una sua conferenza dal vivo è comunque un esperienza totalizzante. Daverio dimostra tutta la sua “Weltanschauung” già dal tipo di eleganza che sfoggia in tutte le occasioni pubbliche. A Foligno è sembrata persino “morigerata” la giacca color rosso mattone con le scarpe in tinta. Immancabile il papillon di cui il critico sembra possedere una collezione sterminata.

Ma ciò che più indubbiamente piace al pubblico, assolutamente composito per età ed estrazione, presente alla conferenza, è la straordinaria capacità affabulatoria del professore, che terrà incollati alla sedia tutti per più di un ora di conversazione serrata sui temi dell'incontro.

Daverio ha già dimostrato ampiamente con le sue trasmissioni televisive di possedere una efficacissima capacità divulgativa, sapendo ben dosare battute a esposizione di concetti di grande spessore culturale. E ieri l'analisi del Piermarini quale protagonista di un nuovo modo di intendere la città borghese in Europa ed in Italia, è stata una gustossisima lezione d'arte condita da una anedottistica che ne ha reso la comprensione semplice e diretta.

Prima dell'intervento di Philippe Daverio, ci sono stati i saluti del padrone di casa, il Sindaco Nando Mismetti e del Presidente del Consiglio Regionale Fabrizio Bracco. Entrambi non si sono fatti sfuggire l'occasione di esporre ancora una volta all'attenzione pubblica la grave ricaduta sul mondo dell'arte in genere, dei tagli operati dalla recente manovra finanziaria. Il Presidente Bracco, in verità, allungando un po' il suo intervento, e rubando un pezzetto di scena a Daverio, ne provoca una battuta fulminante al termine della lamentatio, ” Ecco, l'hanno subito buttata in politica…ma fanno bene, siamo su una brutta china”.

E se lo dice Daverio qualcosa ne sa, lui che è stato Assessore alla cultura a Milano nella Giunta guidata dal Sindaco della Lega Nord, Marco Formentini, dal 1993 al 1997. Sembra un secolo fa, era vivo ancora Gianfranco Miglio, padre fondatore del movimento leghista, qualcosa di molto diverso dall'attuale struttura della formazione politica, dei vari Calderoli, Tosi, Cota, Reguzzoni e via dicendo.

Daverio nel suo intervento riesce ad attualizzare il senso del patrimonio artistico italiano, elaborando una interessante tesi sulla riscoperta dell'antico, delle origini dello stesso per intenderci. E per meglio chiarire il concetto lancia un'altra di quelle battute sulfuree che fanno sicuramente sorridere di orgoglio i folignati ma sono come un sasso lanciato nello stagno. Parlando dell'arrivo del Piermarini a Milano nel 1769 dice ” I milanesi, che notoriamente sono cialtroni, riescono ad esaltare un vetrinista di serie B come Cattelan, e si dimenticano di Giuseppe Piermarini. Ecco, per questo è un bene la vostra mostra. E vi chiedo scusa per loro conto…”.

Tralasciando il sorriso a “64 denti” del Sindaco Mismetti, la platea fa un salto sulle comode sedie di Palazzo Trinci, ma solo per un secondo. Chiarissimo il senso dell'affermazione del Professore. Se non si riparte da ciò che c'è non si va da nessuna parte, men che meno nel cosidetto contemporaneo. Ha un senso la proposta in quanto frutto di una visione profondamente disciplinata della cultura, “alsaziana”come le origini di Daverio.

Non è un caso che attualmente il critico si stia occupando di strategia ed organizzazione nei sistemi culturali pubblici e privati.

Nel corso dell'esposizione molti i rimandi alle traccie di “antico da ristudiare” nel sito delle Fonti del Clitunno, che molto hanno ispirato i protagonisti di questa eccezionale fase culturale italiana, primo tra tutti il mentore di Piermarini, Luigi Vanvitelli.

Divertentissima la parentesi in cui Daverio affrontando il tema del mecenatismo in arte, ricorda la figura dello scomparso Leonardo Mondadori, finanziatore di una ambiziosa ricerca scientifica che vedeva protagonista il critico insieme ad altri due luminari di cui, con una sorta di civetteria, il Prof. non cita nemmeno il nome. Scopo, individuare il contesto esatto della nascita della “modernità”.

“Ci riunivamo molto- racconta tra il divertito e il compiaciuto Daverio- mangiavamo molto e non producevamo nulla. Tutto quello che dicevamo veniva scritto un po' in inglese un po' in italiano, un po' in francese da una segretaria, ma alla fine non se ne fece nulla. Una sola cosa però individuammo con certezza, ovvero la data di inizio della modernità, il 1764”.

Pur sembrando una boutade del critico, la data esatta ha un senso che Daverio spiega così ” E' la data in cui entrano in funzione le macchine per fabbricare spaghetti e maccheroni. Nasce una esatta applicazione del concetto di Fisiocrazia. In Italia si può dunque partire da qui.”

E di citazione in citazione, si arriva persino ad una fantomatica quanto comica telefonata tra Maria Teresa d'Austria ed il figlio Ferdinando d'Asburgo Lorena per la committenza del Regio Palazzo a Monza poi affidata al Piermarini che dovette combattere contro “la taccagneria milanese”.

Una vera conferenza show con tanto di imprevisto scenico allorchè la sedia girevole, uso ufficio del critico, ormai provatissima dalla stazza e dai continui movimenti del personaggio molto animato nella sua esposizione, subisce un improvviso cedimento e si abbassa di colpo facendo temere per il prezioso luminare.

“Sono sceso di peso…” commenta con spiritosa autocritica Daverio lasciando incerta la platea, prima della risata liberatoria, se di calo ponderale si trattasse piuttosto che di caduta ” a corpo libero”.

Al termine lunghi applausi e ressa di fans, come si conviene. Riflettendo bene, e visti i numerosi giovani presenti, forse il principio dell'antico non è poi così “demodè”. E se così è allora c'è una speranza di non morire tutti di “televisionaccia”